La Nuova Sardegna

Quirra, il superperito: nessun inquinamento dalle basi militari

di Valeria Gianoglio
Quirra, il superperito: nessun inquinamento dalle basi militari

Lanusei, inattesa svolta all’udienza preliminare, lo specialista non ha ravvisato danni all’ambiente: «Suolo e acqua integri»

05 giugno 2014
4 MINUTI DI LETTURA





LANUSEI «Sulla base dei campioni di suolo e acque prelevati, non siamo in presenza di un disastro ambientale», scrive, a pagina 18 della sua corposa perizia di 79 pagine sul poligono interforze del Salto di Quirra, Mario Mariani, 54 anni, pavese, docente di ingegneria chimica, nucleare e biomedica al Politecnico di Milano.

Il confronto con Porto Torres. Inoltre, precisa sul finale del suo studio il superperito nominato un anno fa dal gup Nicola Clivio – e dopo aver spiegato anche che servirebbero comunque ulteriori analisi da parte di altre figure professionali – «è possibile puntualizzare che la situazione interna nei poligoni (di Perdasdefogu e di Capo San Lorenzo, ndr) anche nelle aree a più intensa attività militare, non è paragonabile a quella esistente in siti contaminati riconosciuti nel paese come siti di interesse nazionale, quali ad esempio Porto Torres, Gela e Porto Marghera».

Uranio naturale. «Non c’è evidenza che l’uranio dei campioni sia diverso dall’uranio naturale», aggiunge qualche pagina dopo. Quanto ai valori di uranio e torio dentro e fuori dal poligono di Quirra, «risultano di gran lunga inferiori ai valori» considerati limite. E questo, ribadisce a pagina 39 l’esperto, dimostra «l’assenza di un significativo rischio radiologico dentro e fuori il poligono, se non addirittura la condizione di non rilevanza radiologica».

L’arsenico e le miniere. L’unico dato che esula dai limiti di legge, precisa Mariani, è quello relativo allo stagno e all’arsenico. Ma questi valori, spiega, il docente del Politecnico di Milano, «potrebbero essere con molta probabilità dovuti al fondo naturale o una causa antropica diversa da quella militare». E a questo proposito il docente universitario cita la vicinanza alla base delle miniere di Baccu Locci.

Un anno di studi e prelievi. Arriva a quasi due anni esatti dalla prima udienza preliminare dell’inchiesta sui veleni di Quirra, la superperizia disposta dal gup Nicola Clivio prima di decidere se rinviare a giudizio o prosciogliere i venti indagati con l’accusa di disastro ambientale e varie omissioni nei 13.200 ettari della base militare. E a quasi due anni esatti dall’avvio dell’udienza, appone il primo parere “terzo” sull’intera vicenda, dopo anni di consulenze di parte, commissioni nominate dal ministero della Difesa, presunti conflitti di interesse che hanno sollevato, nel tempo, una vera polveriera di accuse e sospetti. La prima perizia in senso stretto, dunque, e non più uno studio di parte. Al superperito è costata un anno intero trascorso tra carte, prelievi e analisi certosine: 129 campioni prelevati dal suolo. Centodieci dei quali nel poligono, mentre 19 all’esterno. Sette campioni di acque, e sei carotaggi. Una mole di lavoro che di fatto rende quello di Perdasdefogu, il poligono più analizzato del mondo. Perché nel corso di questi cinque anni di inchiesta, al suo interno, è stato analizzato tutto: persino le api o le civette. Un anno fa, tuttavia, prima di ascoltare per l’ultima volta le parti in causa, comprese le 62 parti civili, e ritirarsi in camera di consiglio per decidere se rinviare o meno a giudizio i 20 indagati, il gup Nicola Clivio aveva deciso di sfruttare fino in fondo la sua funzione di giudice e incaricare uno specialista perché analizzasse il poligono. Così, aveva incaricato un luminare nel settore dell’ingegneria nucleare e chimica: Mario Mariani. Docente al Politecnico di Milano e un curriculum di tutto rispetto.

I quesiti sollevati. Gli aveva posto diversi quesiti, il gup. A cominciare dall’eventuale danno ambientale creato dalle attività militari e dal pericolo per la salute dell’uomo e degli animali. Ma con lo stesso incarico gli aveva anche chiesto di verificare se gli studi fatti in precedenza sul poligono, e in particolare quello commissionato dal ministero della Difesa, e svolto anche, per un segmento, dall’Sgs, avessero rispettato tutti i crismi della scientificità. Ma anche su quest’ultimo punto, le considerazioni fatte dal perito promuovono tutti. Sgs compresa. «La relazione di Sgs – scrive Mariani – nel complesso soddisfa quanto richiesto dalle prescrizioni dettate dal Capitolato tecnico, descrivendo in modo adeguato lo svolgimento delle attività di campionamento e i campionamenti eseguiti».

Le nanoparticelle. Solo sulle nanoparticelle, il perito si mostra più cauto. A pagina 40 del suo studio spiega infatti che «l’attività antropica di tipo militare, che ha comportato la ripetuta esplosione nel tempo di ordigni, ha certamente causato la sospensione in aria di particolato fine». Ma, precisa, «le nanoparticelle costituiscono una delle frontiere ancora poco esplorate della nano-tossicologia». Si tratta di un ambito scientifico ancora pieno di incognite. E in ogni caso, precisa che pur in assenza di certezze, sia meglio evitare «che vengano inalate accidentalmente dai lavoratori o dalle persone del pubblico».

Evitare i brillamenti. Anche per questo motivo, è meglio evitare di far brillare ordigni nella zona del poligono chiamata zona “Torri”. Perché, scrive Mariani, per la sua conformazioni litologica e geologica, quella zona ha prodotto «frantumazioni significative delle rocce sottostanti che possono aver quindi rilasciato in gran parte il loro contenuto contaminante». Di questo possibile “contenuto contaminante”, precisa, nel poligono non è stata trovata traccia. Forse anche perché «l’esame dei luoghi è stato condotto in una situazione statica». Ovvero, in assenza di esplosioni. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
L’intervista

Giuseppe Mascia: «Cultura e dialogo con la città, riscriviamo il ruolo di Sassari»

di Giovanni Bua
Le nostre iniziative