La Nuova Sardegna

Al Man il rito magico dell’animazione

Al Man il rito magico dell’animazione

L’incantesimo del movimento creato dall’artista demiurgo

31 maggio 2014
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Per gentile concessione dell’ autore pubblichiamo un estratto dal testo per il catalogo della mostra "Passo a due" (Nero Edizioni), a cura di Lorenzo Giusti ed Elena Volpato.

di LORENZO GIUSTI

Il disegno e la pittura stanno all'animazione come la fotografia e la letteratura stanno al cinema dal vero. Non è matematica, ma la proporzione è certamente plausibile. Arte e cinema d'animazione hanno dialogato fittamente sin dalle origini della loro storia comune, invadendo i rispettivi campi e rivedendo di volta in volta, in ragione di questa reciproca influenza, la propria concezione di sé. Non che non esista un rapporto altrettanto stretto tra arte e cinema dal vero, soprattutto da quando al concetto di “belle arti”, si è sostituito quello più ampio di "arti visive”, ma non c'è dubbio che per molto tempo, almeno fino alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso, e in maniera diversa nei decenni successivi e ancora oggi, l'animazione abbia costituito per gli artisti una straordinaria possibilità di espansione sul piano temporale delle proprie ricerche creative; così come l'espressione grafica, pittorica, ma anche scultorea, abbiano rappresentato per i registi un'incredibile opportunità di determinazione di un linguaggio individuale, più facilmente capace di evadere i confini del vero filmico.

La storia dell'animazione si intreccia in particolare con quella delle arti figurative impegnate sul fronte della conquista del movimento. Charles-Émile Reynaud, l'inventore del prassinoscopio e del teatro ottico fu influenzato dall'impressionismo, che aveva introdotto nella struttura tradizionale della pittura elementi di dinamismo legati allo studio degli effetti luministici. L'iniziatore dell'animazione cinematografica, lo spagnolo Segundo De Chomón (vedi Easter Eggs, 1907), può essere considerato un geniale prosecutore, in una chiave cinetica e spettacolarizzante, dell'estetica floreale modernista di fine Ottocento. E se toccò a un regista visionario come Émile Cohl, slegato dal circuito dell'arte, donare al disegno animato un'autonomia espressiva, liberata dai legami con il cinema dal vero e dalle sudditanze di una produzione spettacolare (vedi Fantasmagorie, 1908), furono senza dubbio i pittori, nell'ambito dei movimenti europei d'avanguardia, a spingere la sperimentazione sull'immagine in movimento lontano dai vincoli della narrazione e della figurazione.

Il futurismo, il cubismo e le correnti che ne derivarono - orfismo, vorticismo, raggismo - furono tutte tormentate dal problema del movimento. Tra i cubisti fu Léopold Survage il primo a promuovere un uso sistematico del cinema come supporto dinamico di composizioni astratte, concepite come immagini ritmiche fondate sugli stessi dati psicologici della musica. Una ricerca innovativa che, di lì a poco, nell'ambito di area dada, avrebbe trovato sviluppo nel lavoro di Viking Eggeling, Hans Richter e Marcel Duchamp.

Se l'astrazione giocò dunque un ruolo da protagonista nella nascita di un cinema d'animazione sperimentale, negli anni Venti e nei decenni successivi non mancarono ricerche linguistiche fortemente innovative, sul piano sia tecnico sia linguistico, portate avanti nel campo della figurazione. In maniera trasversale, cercando di mettere assieme esperienze sviluppate in Occidente nei diversi ambiti del cinema e dell'arte, la mostra Passo a due ha inteso concentrarsi su questi fenomeni, con un'attenzione specifica alla questione del movimento del corpo umano e un occhio di riguardo per il tema della danza.

L'attacco non poteva che darlo Fernand Léger, la cui presenza sui testi di storia del cinema d'animazione è legata ad alcune sequenze del celeberrimo Ballet Mécanique. Negli anni Trenta e Quaranta, con la nascita delle grandi compagnie di produzione americane, la diffusione dei "cartoni animati" per il grande pubblico, la nascita del disegno animato di serie, l'intreccio tra arte d'avanguardia e cinema d'animazione si fa meno stretto. Non mancano tuttavia, anche in questo periodo, autori visionari, sperimentatori indefessi capaci di portare avanti le ricerche dell'avanguardia storica anche su un piano figurativo. Pensiamo al celebre film di Berthold Bartosh, L'idée, girato in Francia tra il 1929 e il 1932, frutto di una feconda collaborazione con il pittore e grafico espressionista Franz Masereel. Influenzato sia da Léger che da Bartosch è Alexandre Alexeieff. Pittore e disegnatore, inventore dell'écran d'épingles, Alexeieff è autore di una forma inedita di arte cinetica, scaturita dall'unione di elementi del reale con elementi fantastici, fortemente influenzata dall'esperienza letteraria e teatrale. Da Une nuit sur le mont Chauve del 1933, legato alla musica di Mussorgsky, a Le Nez, realizzato trent'anni dopo a partire dal racconto di Gogol', Alexandre Alexeieff si inserisce nel discorso sull'animazione dei corpi con una voce autentica e originale.Artisti a tutti gli effetti, in continuo dialogo con gli sviluppi delle ricerche sul disegno, sulla pittura, sulla fotografia e in diversi altri campi dell'arte, possono dirsi Len Lye e Norman McLaren. Il primo può essere considerato il vero esecutore delle intuizioni dei fratelli Corradini sul movimento dei colori e sulla visualizzazione dei temi musicali. A Norman McLaren va invece il primato per la ricerca e la sperimentazione come nel celebre Pas de deux del 1968; non un'animazione in senso stretto, ma un film dal vero giocato sul contrasto e sulla sovraesposizione alla luce, in cui lo sfondo nero e l'uso della stampante ottica trasfigurano l'immagine dei ballerini formando sottili scie bianche, dando così la percezione della presenza non di corpi reali ma di esili elementi visivi in movimento, come disegni animati.

Come sempre nel racconto storico, più ci avviciniamo ai giorni nostri e più diventa difficile seguire percorsi narrativi lineari. In particolare a partire dal dopoguerra, con la messa a punto delle tecniche e una più facile circolazione dei materiali, i rapporti tra arte e cinema d'animazione si fanno sempre più articolati. Pensare di darne conto nel quadro di una mostra sarebbe illusorio. Con un approccio più curatoriale che storico, si sono dunque scelti una serie di lavori di particolare interesse - per forza comunicativa e rappresentatività - facendo riferimento sia ad autori conosciuti, sia a figure meno note. Se c'è oggi un luogo in cui l'indagine sui linguaggi dell'animazione sembra vivere libera dai condizionamenti della produzione commerciale e dai cliché della narrazione filmica, questo è proprio quello delle arti visive. Cosa ci riservi il futuro, in un tempo in cui fare una distinzione tra cinema dal vero e cinema d'animazione risulta assai complicato, in ragione dell'utilizzo sempre più diffuso di immagini virtuali, non è facile da prevedere. Quel che è certo è che, anche domani, difficilmente potrà sopirsi l'aspirazione ad "animare", a infondere il principio della vita alle cose del mondo, il sogno e l'ambizione a farsi creatori di nuovi mondi e di nuove esistenze.

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