La Nuova Sardegna

Il boss di Gomorra: addio a Badu ’e Carros

di Luciano Piras
Il boss di Gomorra: addio a Badu ’e Carros

Dopo il pentimento Iovine collabora col pool anticamorra: anni di carcere duro a Nuoro, ora è in una località segreta

24 maggio 2014
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NUORO. L’operazione Badu ’e Carros è andata in porto. ’O Ninno ha iniziato a cantare. Pentito. Antonio Iovine era arrivato nel penitenziario di Nuoro il 20 novembre 2010, una sera buia e carica di nebbia e pioggia incessante. Dopo tre anni e mezzo di carcere duro in una cella del capoluogo della Barbagia, il boss dei Casalesi riparte. Destinazione: ignota. Lascia la Sardegna con una lunga storia da sbobinare che già fa tremare l’impero dei clan come pure tutta la zona grigia della politica italiana. Iovine ha lasciato Nuoro due settimane fa, in gran segreto, in un giorno di caldo e sole battente. Ma lui, il ministro dell’economia della camorra (così lo chiama Roberto Saviano), non ha visto né cielo né terra, neanche l’ombra del Montalbo sulla 131 dcn: così come era arrivato, se n’è andato, a bordo di un blindato dei Gom, Gruppo operativo mobile, il reparto speciale della polizia penitenziaria. Le teste di cuoio con il basco azzurro del Dap.

Loro che a Badu ’e Carros in questi ultimi tre anni e mezzo lo hanno tenuto d’occhio giorno e notte, ventiquattro ore su ventiquattro, è il regime ferreo dell’articolo 41bis.

Il bunker. Quattro pareti, un pavimento e un soffitto. Cucinotto, gabinetto, o meglio: vaso alla turca, e telecamere, tutto compreso. Unica concessione: una sala attigua attrezzata per le videoconferenze con i magistrati e gli avvocati. Per il resto: nulla. Nulla di nulla.

Sepolto vivo, come sepolti vivi sono tutti i 669 detenuti in Italia sottoposti al 41 bis. Nuoro, nel suo bunker più profondo ospita ancora Salvatore Rinella, 53 anni, “padrino” di Termini Imerese, vice del boss dei boss della mafia Bernardo Provenzano. È arrivato a Badu ’e Carros nel febbraio del 2013, quando Iovine aveva già passato due anni abbondanti nel ventre dell’ex supercarcere di massima sicurezza. E già si parlava, si vociferava, si sussurava del pentimento di ’O Ninno, Antonio Iovine nato a San Cipriano d’Aversa il 20 settembre 1964. Una condanna definitiva in contumacia all’ergastolo, una serie di procedimenti ancora pendenti. Arrestato a Casal di Principe il 17 novembre 2010 dopo quattordici anni di latitanza.

L’irriducibile. Un passaggio veloce nel carcere napoletano di Secondigliano, poi subito a Badu ’e Carros su disposizione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, decreto firmato dall’allora ministro della Giustizia Angelino Alfano, governo Berlusconi IV. Ma già a dicembre di quello stesso 2010 si parlò di una possibile svolta del boss della camorra un tempo irriducibile.

«Escludo nella maniera più assoluta qualsiasi ipotesi di avvio di collaborazione da parte di Antonio Iovine» si era affrettato a smentire categoricamente il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso dopo un faccia a faccia con il boss dei Casalesi nel carcere nuorese. «Il colloquio investigativo effettuato a Badu ’e Carros rientra tra le attività istituzionali che il procuratore nazionale antimafia è solito svolgere ogni qualvolta, per il particolare spessore del detenuto, si reputi necessario fare opera di informazione sui diritti, doveri e benefici che comporta la legge sui collaboratori di giustizia» aveva sottolineato l’attuale presidente del Senato della Repubblica.

Fuga di notizie. Particolarmente furioso, Grasso, contro chi aveva «enfaticamente» dato la notizia di una presunta collaborazione di Iovine ad appena tre settimane dal suo arresto in Campania. «Di solito questi incontri – sottolineò il procuratore – si svolgono nella massima riservatezza, ma questa volta ignoti, che si spera di identificare, hanno tradito il giuramento di fedeltà allo Stato quali pubblici ufficiali, violando il segreto cui erano tenuti». Non se seppe più nulla, tuttavia. Certo è che la voce che dava Iovine pentito o lì lì per pentirsi è uscita diverse altre volte, tra tante verità e altrettante panzane. Addirittura, a dare retta a un pettegolezzo, nella sua cella di Badu ’e Carros il boss aveva già consegnato ai magistrati l’elenco dei parenti più stretti da proteggere. Chiacchiere su chiacchiere.

Voci che erano diventate più insistenti lo scorso dicembre. Soprattutto all’indomani della revoca del mandato ai suoi avvocati di fiducia.

Gli avvocati. Radio Carcere era rimasta in silenzio, ma la decisione di affidarsi a un legale d’ufficio era il segnale di un cambiamento di rotta. Anche se l’avvocato del Foro barbaricino Giuseppino Monni, che ebbe l’incarico, ha poi avuto la nomina di fiducia da Iovine per un procedimento davanti al giudice di sorveglianza del tribunale di Nuoro.

’O Ninno si stava avvicinando allo Stato? «La prima cosa che ho pensato è stata che si sarebbe pentito – ha ricordato Roberto Saviano, giovedì scorso sulle pagine della Repubblica –. L’ho scritto e, come spesso accade fui deriso e preso per visionario. Invece è successo ma non riesco ancora a capire perché». È successo che questi tre anni e mezzo passati in una cella barbaricina sono serviti eccome se sono serviti ad Antonio Iovine da San Cipriano d’Aversa delfino di Francesco Schiavone detto Sandokan.

Il braciere. Il buio di Badu ’e Carros, la vecchia Cayenna delle Brigate rosse («un braciere perennemente acceso», così lo chiamò sul finire degli anni Settanta l’allora procuratore della Repubblica di Nuoro Francesco Marcello), gli è servito per tentare di dare nuova luce alla sua vita tutto sommato giovane. Tanto giovane da poterci fare non uno ma due pensierini sul pentimento.

Così ha iniziato a collaborare con la Giustizia, a rispondere alle domande dei pm Antonello Ardituro e Cesare Sirignano del pool anticamorra di Napoli. Da Nuoro a Napoli, dunque. Anche se nulla si sa sulla nuova destinazione del superboss di Gomorra. Certo è che nei giorni scorsi è scattato il piano di protezione dei famigliari di Antonio Iovine. Eclissati i figli, eclissata la moglie. Spariti come è sparito da Nuoro ’o Ninno. Il “bambino” sepolto vivo e ora resuscitato.

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