La Nuova Sardegna

la sentenza del Tar contro l’università di sassari

Parentopoli, ricorso in appello

L’ufficio legale dell’ateneo si rivolge al Consiglio di Stato

24 aprile 2014
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SASSARI. L'università ha deciso: ricorre in appello contro la sentenza del Tar che aveva annullato le procedure di un concorso per ricercatori mettendo in luce un caso di parentopoli vietato dalla riforma Gelmini. L'ufficio legale dell'ateneo, come informa la responsabile, Rosanna Ruiu, presenterà in primo luogo una istanza incidentale di sospensione del provvedimento davanti al Consiglio di Stato. E nella stessa sede si opporrà poi alla sostanza di quella sentenza. «Lo facciamo per questioni di carattere strettamente giuridico, senza entrare in alcun altro genere di argomentazioni, soltanto per difendere la validità e l’affidabilità dell’operato accademico – tiene a puntualizzare ancora l'avvocato Ruiu – Sul piano legale, dopo averne preso ufficialmente visione, debbo dire che non condividiamo le motivazioni addotte dal Tribunale amministrativo regionale. Riteniamo infatti che non ci siano, né siano stati citati, precedenti giurisprudenziali tali da giustificarle».

Nelle scorse settimane i giudici di Cagliari erano intervenuti sull’opposizione fatta mesi fa da Martina Giuffrè, romana, arrivata seconda dopo le prove, contro le modalità del concorso, vinto da un'altra ricercatrice, la sassarese Rossella Castellaccio. Il Tar, giudicando fondato il ricorso, aveva annullato la graduatoria stilata dalla commissione ritenendo incompatibile la posizione di quest'ultima rispetto a quella del padre, Angelo Castellaccio, docente ordinario nella stessa università turritana e all'epoca del bando vicepreside nella facoltà di lettere. Da qui era derivato l'ordine perentorio impartito dai magistrati amministrativi all’ateneo di compilare una nuova classifica, escludendo in partenza dall’elenco la prima classificata, appunto Rossella Castellaccio.

Adesso sarà il Consiglio di Stato a decidere sulla possibilità di una sospensiva nell'esecuzione della sentenza di primo grado. E, in seguito, a dare in appello la propria risposta alle nuove ragioni avanzate dall'ateneo, che in primo grado aveva già “resistito” in giudizio ma senza successo. Al Consiglio di Stato spetterà - con ogni probabilità nel giro di un paio di mesi - pronunciarsi nel dettaglio sulla correttezza della procedura seguita per l'assegnazione del posto: un incarico per tre anni, rinnovabile per altri tre, in etno-demo-antropologia. (pgp)

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