La Nuova Sardegna

Colpo di scena: tutte le inchieste sull'alluvione nelle mani di Fiordalisi

di Giampiero Cocco
Colpo di scena: tutte le inchieste sull'alluvione nelle mani di Fiordalisi

Il procuratore di Tempio ha preso in carico direttamente gli atti giudiziari già affidati al sostituto Rossi, atto finale delle divergenze su tempistica e conduzione delle indagini 

24 aprile 2014
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TEMPIO. Le tre inchieste avviate sull’alluvione del 18 novembre 2013 e condotte dal Pm Riccardo Rossi, sono state avocate dal procuratore capo della Repubblica di Tempio, Domenico Fiordalisi. L’atto giuridico, formalmente ineccepibile sotto l’aspetto formale e sostanziale – il responsabile dell’ufficio inquirente può personalmente istruire qualunque fascicolo – è anche l’epilogo di un lungo braccio di ferro tra i due alti magistrati sulla conduzione delle indagini e sulla loro tempistica, divergenze che si sono concretizzate nei giorni scorsi con la richiesta inviata al gip di una proroga delle indagini avanzata dal sostituto Rossi ma non sottoscritta dal capo della Procura, Fiordalisi.

Una richiesta di proroga revocata ieri (il termine per la richiesta, pena decadenza degli atti, scade il 18 maggio) che contiene le tesi investigative del pm Rossi e i nomi (un atto dovuto) di alcune decine di indagati fra politici, amministratori, funzionari e tecnici. La richiesta di proroga delle indagini era già stata prospettata da una indiscrezione giornalistica dei giorni scorsi che ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati di un cronista e di un consulente d’ufficio, essendo gli atti relativi all’alluvione del novembre scorso sottoposti a decreto di secretazione da un provvedimento firmato dal capo della Procura.

Riccardo Rossi, che si trova in ferie a Bologna, è stato raggiunto telefonicamente ma non ha inteso commentare in alcun modo il provvedimento di avocazione, come nessun accenno alla clamorosa iniziativa giudiziaria è stato fatto dal capo della Procura, Domenico Fiordalisi.

Le tre inchieste, che da ieri si sono fuse in un unico faldone processuale (Fiordalisi, che coordina la Procura, aveva in carico il fascicolo riguardante alcuni dei decessi causati dal passaggio del ciclone Cleopatra), sono suddivise in tre fasi che analizzano e mettono in rilievo gli aspetti più salienti della tragedia del novembre scorso.

La prima riguarda la sequenza temporale degli interventi post-alluvione, con la risposta di organismi e Enti di Stato preposti a gestire l’emergenza e l’assistenza alle popolazioni. Il quadro ricostruito dalle indagini attraverso la cronistoria testimoniale di quella tragica giornata di lutti e devastazione è desolante, con una sottovalutazione della reale situazione che si viveva in Gallura da parte delle diverse componenti della linea di comando – prefettura, provincia e Comuni – e ritardi nella costituzione dei centri di soccorso e nel diramare gli allarmi alla popolazione. Da qui l’individuazione dei preposti a questa catena di comando. La fase due è invece relativa alla valutazione delle reali condizioni meteo e all’aspetto idrogeologico del territorio gallurese. In questo caso le indagini e gli accertamenti tecnici disposti congiuntamente da Rossi e Fiordalisi avrebbero portato all’individuazione di una fascia di tecnici comunali, privati e professionisti che avrebbero dovuto effettuare i controlli e le manutenzioni sulla rete di canali che raccoglie le acque piovane e, attraversando la città di Olbia, le riversa in mare.

La terza e più delicata fase investigativa riguarda l’aspetto urbanistico e edilizio di Olbia, con i suoi sedici piani di risanamento e la tombatura, risalente negli anni, di diversi canali di scolmamento che, durante l’alluvione, hanno contribuito all’allagamento della città. Qui ci sarebbero ancora da approfondire le eventuali responsabilità dovute, negli anni, alle scelte politiche attuate sul territorio da ex sindaci, amministratori comunali, consiglieri e tecnici. L’inchiesta cambia di mano, ma prosegue. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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