La Nuova Sardegna

Un mirador per l’artista che cantò Alghero

di Bianca Pitzorno
Un mirador per l’artista che cantò Alghero

Il ricordo di Giuni Russo che dal 1986 fece conoscere in tutto il mondo la città catalana della Sardegna

20 aprile 2014
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ALGHERO. La città di Alghero – finalmente – accoglie Giuni Russo nella sua toponomastica, dedicandole un Mirador, l'anfiteatro che si apre sulla collina del Trò con una vista mozzafiato sulla Riviera del corallo. Il motivo più evidente di questo riconoscimento è la sua canzone 'Alghero', che dal 1986 diffuse e fece conoscere in tutto il mondo il nome della cittadina catalana e ne lodò i suoi incanti.

Ma i meriti di Giuni Russo, le qualità straordinarie che la rendono degna di questa intitolazione, vanno ben oltre il successo delle sue canzoni 'balneari' che tutti conoscono, come “Un'estate al mare” del 1982, “Limonata cha cha” dell'84 e, appunto, “Alghero” del 1986.

Cantante straordinaria, nel senso etimologico di 'fuori dell'ordinario', lo fu davvero questa giovane donna, morta a soli 53 anni nel settembre del 2004. Nessuna delle sue scelte seguì i criteri scontati dello “star sistem”, che mette al primo posto la ricerca del successo. La sua fu una sperimentazione continua, una ricerca perenne di nuove strade, dalla contaminazione dei generi, la “musica di confine” dei tempi del LP “Energie” e delle prime collaborazioni con Battiato, alla rivisitazione delle “arie da camera” dell'Ottocento – Bellini, Verdi, Donizetti e & – in 'A casa di Ida Rubinstein'.

Seguendo lo spirito di ricerca e di sfida giocosa nel 1993 Giuni Russo si cimenterà persino a partecipare allo spettacolo sperimentale “E sarà Efesto in Ferriera”, un divertimento colto, raffinato e difficile, definito dai suoi autori «rappresentazione di un Mito sotto forma di opera per violino, forno di fusione, piccola orchestra, colata, nastro magnetico, marionette e voci soliste», messo in scena nei locali delle Acciaierie Ferriera di Crema da un nutrito gruppo di musicisti e intellettuali con la voce narrante di David Riondino.

Venne poi la scoperta dei grandi mistici cristiani, Teresa d'Avila (“Moro perché non moro”), San Giovanni della Croce (“La sua figura”), del Cantico dei Cantici (“La sposa”) e dei mistici di tutte le religioni – dai sufi ai giapponesi- che scoprì, rielaborò e interpretò nella serie di concerti eseguiti nelle più belle chiese della Lombardia e intitolati “La musica dei cieli”. Negli ultimi anni era rimasta affascinata dalla musica cinese, dai cantanti dell'Opera di Pechino, scoperti attraverso il cinema, dal loro modo di cantare su toni acuti e altissimi, tutti di testa. Una nuova sfida per la sua voce straordinaria.

Già, la sua voce… Anche questa al di fuori dei canoni dello star sistem. Fin da bambina Giuni l'aveva coltivata e allenata lavorando nelle ore libere dalla scuola per potersi pagare le lezioni al Conservatorio, e continuerà a studiare canto con grandi maestri e a coltivarla ed esercitarla per tutta la vita.

Il maestro Michele Fedrigotti, suo collaboratore nella rielaborazione del repertorio classico napoletano (“Napoli che canta”) così scrive nel contributo alla mia biografia di Giuni Russo pubblicata dar Bompiani nel 2009: «Per estensione e tipo di voce, sarebbe stata un soprano lirico d'agilità, e proprio l'agilità, nel suo senso strettamente tecnico e di estensione ma anche in un senso anche più generale di duttilità, velocità e varietà di modo d'uso del suono, seguito e vissuto ogni istante nelle sue minime pieghe e sfumature, dal libero spiegamento della forza e del volume ai dettagli più delicati, è rimasta sempre una delle caratteristiche più evidenti in Giuni, nella vocalità come nelle sue scelte artistiche. (…) Gli aspetti "lirici", con il loro forte potere di evocazione di una memoria musicale personale e collettiva, sono rimasti necessariamente sempre presenti in tutto il suo lavoro, elementi essenziali ed imprescindibili della sua figura artistica, quasi simbolo dell'irruzione nella concretezza semplice e nella naturalezza del quotidiano di un dono trascendente ed inestimabile. (…) Il suo timbro trascolora costantemente, nelle variazioni di stile e volume sonoro, passando dal canto non impostato e parlato del pop alle sonorità ricche di armonici e risonanze di una voce lirica; frequente è poi l'inserimento nelle sue canzoni di controvoci o effetti nel registro acuto, dove la qualità "lirica" della vocalità risulta più evidente, e di giochi ornamentali di virtuosismo nel registro sovracuto, dove, un po' come nella mozartiana Regina della notte, la voce si avvicina di più al suono di uno strumento».

Per questa voce, per il suo inusuale repertorio, Giuni Russo si è segnalata e rimane come una felicissima eccezione nella storia della musica leggera italiana.

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