La Nuova Sardegna

Pane e pasta tipici: farine di grano estero nel 95% dei prodotti

di Michela Cuccu
Pane e pasta tipici: farine di grano estero nel 95% dei prodotti

La Coldiretti: «Coltivare grano duro nell’isola costa tanto Per rilanciare la cerealicoltura serve una filiera tutta sarda»

10 aprile 2014
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ORISTANO. «Il 95 per cento del pane e della pasta tradizionali in Sardegna sono prodotti con farine di grano coltivato all’estero, principalmente Canada, Stati Uniti, Europa dell’Est». La denuncia non nuova, che afferma come carasau e culurzones che acquistiamo al supermercato o nei laboratori artigianali abbiano una base di materie prime non italiana, è dei responsabili della Coldiretti di Oristano.

La motivazione ufficiale è che la lavorazione delle farine prodotte con grani sardi sia più difficoltosa e necessiti maggior tempi di lievitazione. Per gli addetti ai lavori, in realtà, il costo del pane prodotto con farine sarde dovrebbe essere superiore, circa 7euro al chilo. Sempre secondo i produttori di pane e pasta, viene lamentata nelle farine sarde una minor presenza di proteine e glutine. «La verità è invece un’altra: il grano estero costa molto meno di quello locale. In Sardegna la produzione di grano duro a partire dal Duemila è stata letteralmente abbandonata – spiegano il direttore della Coldiretti, Ermanno Mazzetti e il responsabile di “Campagna Amica”, Serafino Mura –. Sembra un paradosso ma nell’ex granaio di Roma da 95mila ettari siamo scesi ad appena 34.500 registrati lo scorso anno, con il picco negativo del 2011, quando vennero seminati a cereali appena 24mila ettari».

Le politiche agrarie comunitarie che hanno cancellato i sostegni finanziari per i produttori. Così oggi coltivare grano duro in Sardegna costa tantissimo. Per un ettaro di frumento servono 700euro, ai quali vanno aggiunti i costi della trebbiatura: 80 euro ad ettaro. La resa però è molto bassa, con una media fra 22 e 26 quintali (contro circa 60 dell’Emilia Romagna) per un grano pagato pochissimo, fra 19 e 23 euro al quintale, anche se il Cosacer, il Consorzio dei cerealicoltori sardi, lo scorso anno ha pagato il grano duro 25 euro al quintale. Da ogni quintale di grano si ottengono circa 72 chili di farina. «Insomma – dice Serafino Mura – a coltivare cereali non si guadagna: con un quintale di grano al massimo si possono acquistare due pizze e mezzo». Produzione poco remunerativa, dunque, che interessa oltre 9mila aziende in tutta la Sardegna e che rappresentano il 18 per cento delle produzioni erbacee regionali. Così nel 2011, la produzione di grano duro in Sardegna si è fermata ad appena 484mila quintali. Troppo poco per assicurare il fabbisogno interno. Da qui l’idea di rilanciare la cerealicoltura «partendo però da una filiera tutta sarda», spiegano i responsabili di Coldiretti. Per rilanciare il pane tipico, sabato Coldiretti organizza a Paulilatino una manifestazione dal titolo emblematico: “Su pane fattu in domo”, il pane fatto in casa, con le massaie che lo cuoceranno in dieci antichi forni a legna del paese. In un convegno sarà anche raccontata l’esperienza controcorrente di Samugheo, dove il Comune ha assegnato la Deco (denominazione di origine comunale) al pane tipico, prodotto in un panificio che oggi conta cinque dipendenti.

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