La Nuova Sardegna

Pronti al grande colpo: banda in manette

di Gianni Bazzoni
Pronti al grande colpo: banda in manette

Fermata una coppia di coniugi sulla 131 vicino a Bonorva: «Con altri 6 complici volevano rapinare l’Eurospin di Tempio»

08 aprile 2014
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SASSARI. Volevano rapinare l’Eurospin di Tempio, un colpo da fare di sabato per portare via 50mila euro. Ma la banda mista - formata da ogliastrini e orgolesi - pensava in grande e guardava ai furgoni portavalori, tanto da invidiare «quelli lì...» che pochi giorni prima avevano messo a segno l’assalto milionario sulla 131. E ci pensavano così tanto che immaginavano di allargare il gruppo di fuoco («ci servono altre quattro persone») e valutavano la possibilità di trovare una talpa: «lì c’è l’informatore dentro, se becchiamo qualche d’uno che ce lo dice tentiamo quello, uno di quelli...».

Le intercettazioni ambientali realizzate dai carabinieri del nucleo investigativo dei carabinieri di Sassari sono emblematiche, e i militari sono entrati in azione 24 ore prima della rapina all’Eurospin di Tempio, fissata per sabato 5 aprile.

Seven & more. L’operazione «Seven & more» scatta venerdì pomeriggio, alle 17, quando sulla 131 - all’altezza di Bonorva - viene intercettata una Fiat Punto. A bordo ci sono Giampiero Sette, 51 anni, e la moglie Agostina Loi, 53, entrambi di Villagrande Strisaili. Gli uomini al posto di blocco sanno cosa cercare (sono schierati anche i Cacciatori di Sardegna). Nei pannelli delle fiancate posteriori dell’auto viene trovato un arsenale: due pistole Beretta 92F con matricola abrasa, una pistola CZ100 di origine cecoclovacca, tre caricatori, 120 cartucce, quattro passamontagna, tre paia di guanti da lavoro e 38 fascette di plastica nere che sarebbero dovute servire per immobilizzare i dipendenti del supermercato. La coppia, dopo la convalida del fermo in flagranza, è stata rinchiusa nel carcere di Bancali. A Sette e alla moglie, gli investigatori attribuiscono un ruolo di comando nella progettazione della rapina ma anche di altri reati.

Base Tempio. La banda avrebbe avuto come base la città di Tempio, dove Roberto Piroddi, 28 anni di Lanusei (figlio di Agostina Loi) e la compagna Arianna Ranedda, 22 di Tempio, avevano messo a disposizione un appartamento che sarebbe servito come base logistica e rifugio subito dopo la rapina, in attesa che si calmassero le acque. Per i due giovani, dopo la convalida del fermo, il gip di Tempio ha disposto la detenzione domiciliare.

Il commando. Il gruppo di fuoco, quella che doveva eseguire materialmente la rapina, è formato da Giuseppe Monni di 31 anni, da suo fratello Giovanni Antonio, 23, e da Pietro Mereu, anche lui di 23, tutti di Orgosolo. I tre sono stati ripresi più volte dalle telecamere del supermercato durante i ripetuti sopralluoghi per mettere a punto l’azione e il conseguente piano di fuga. Dopo la convalida dei provvedimenti di fermo di indiziati di delitto, sono stati trasferiti nel carcere nuorese di Badu ’e Carros.

L’armiere. A fornire le armi alla banda sarebbe stato Battista Pisanu, 51 anni, allevatore di Orgosolo. Anche lui è finito nella rete tesa dai carabinieri (insieme ai militari del nucleo investigativo del comando provinciale hanno operato anche le compagnie di Sassari, Nuoro, Bonorva e Porto Torres e le unità cinofile di Abbasanta; tre le Procure interessate: Sassari, Tempio e Nuoro). L’incontro avviene nel suo ovile di Orgosolo, in località “Coda e Serra”, pochi giorni prima della data della rapina: viene raggiunto da Giampiero Sette e dalla moglie Agostina Loi, e lì si ritrovano anche i tre giovanissimi orgolesi, indicati come i componenti del commando.

Le pistole. Le armi e le munizioni sono state sequestrate e diventano materiale interessante per capire se hanno sparato altre volte (non solo in Sardegna), e per ricostruire la provenienza. Particolare attenzione è rivolta alla pistola CZ100, calibro 40 S&W, priva di matricola e di origine cecoclovacca, oltre che ovviamente alle due Beretta 9x21 (una con matricola illeggibile e l’altra limata).

I reati. Agli arrestati - come ha spiegato il maggiore Giuseppe Urpi, comandante del nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri, è contestata la tentata rapina e la detenzione delle armi in concorso e con una precisa suddivisione dei ruoli.

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