La Nuova Sardegna

Vino e crisi economica: "La qualità salverà le nostre cantine"

di Pasquale Porcu
Vino e crisi economica: "La qualità salverà le nostre cantine"

Vinitaly, il presidente dell'Assoenologi regionale Addis: "C'è anche un costante aumento della produzione sarda"

07 aprile 2014
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VERONA. Una concorrenza sempre più spietata, con Paesi che vendono il loro vino a pochi centesimi il litro. Una crisi che non cessa di colpire i consumi, in particolare quelli alimentari. E un atteggiamento "timido" da parte delle amministrazioni pubbliche. In questo quadro la Sardegna si presenta al Vinitaly 2014, con produttori nuovi, qualche volta alla loro prima esperienza e con un entusiasmo che è pari al coraggio con cui affrontano il mercato e con una produzione complessiva che rispetto alla scorsa vendemmia è cresciuta di 80 mila ettolitri. Dai 500mila ettolitri della vendemmia 2012, infatti, siamo passati ai circa 580 mila ettolitri del 2013. Poco meno della metà dei consumi annuali regionali.1Qualche ora dopo l'inaugurazione del Vinitaly, con i discorsi inaugurali del ministro alle Politiche agricole e delle altre autorità istituzionali, proviamo a fare il punto con Dino Addis, direttore della Cantina Gallura di Tempio e presidente dell'Assoenologi regionale della Sardegna.

Dottor Addis, il comparto del vino in Sardegna attraversa una situazione delicata. Vede qualche spiraglio di luce?

“La speranza è nella qualità crescente delle nostre produzioni. Non faccio trionfalismi, ma vorrei riflettere sul modo in cui è migliorata la qualità dei nostri vini negli ultimi anni. Ormai è rarissimo trovare delle bottiglie con un vino che non rispetti gli standard minimi di profumo e gusto. E sul fronte dei mercati vediamo che qualcosa comincia a muoversi sia in Italia che all'estero. Nel mercato interno abbiamo visto miglioramenti, soprattutto nella grande distribuzione organizzata, con incrementi che lo scorso anno erano dell'8 per cento e che negli ultimi mesi sfiorano il 20%. Un dato molto positivo se si pensa che, lo diceva il ministro Martina stamattina, l'Italia ormai viaggia sui 5,5 miliardi di export”.

Ma l'attenzione generale, vediamo, è spesso concentrata sui dati negativi...

“I dati positivi, in Italia, cominciano a mettersi in evidenza. Ad esempio: la produzione di Prosecco ha toccato i 305 milioni di bottiglie e i consumatori aumentano in diverse aree del mondo. Lo champagne, invece, è fermo a 300 milioni di bottiglie. Anche se è vero che una bottiglia di Prosecco ha un prezzo medio di 3,3 euro contro i 14,2 euro di una bottiglia di champagne”.

Ma torniamo a parlare di vini sardi. Fa piacere ricevere 32 Gran Menzioni, ma perché per i vini sardi non si vedono medaglie?

“Il discorso è complesso. Non dimentichiamo che la differenza tra una Gran Menzione una medaglia, spesso sono 0,50 punti. Medaglia o no, insomma, molto dipende dalle commissioni di assaggio del Concorso Internazionale di Verona. Pensate che a Vinitaly arrivano circa tremila campioni di vino da sottoporre al giudizio delle 21 commissioni, composte da 105 degustatori. Per ciascuna ci sono ci sono due enologi italiani, uno straniero e due giornalisti internazionali. Quest'anno c'erano giornalisti coreani, ucraini, russi e comunque provenienti da paesi nei quali sta cominciando ad arrivare il vino italiano. Voglio dire che in molti casi da parte di qualche componente la giuria, non c’è una esperienza nella degustazione dei nostri vini, simile a quella che possono avere degli italiano o degli europei”.

Sta dicendo che non ci dobbiamo abbattere se non sono arrivate le medaglie?

“Assolutamente sì. Dobbiamo essere felici delle Gran Menzioni, le medaglie, ne sono certo, arriveranno. Consideriamo, poi, che spesso le aziende non mandano in degustazione i vini fuoriclasse, ma un paio di quelli della loro fascia media”.

C'è il rischio che qualcuno copi le nostre eccellenze vinicole: vedo che il Vermentino lo stanno impiantando in mezzo mondo...

“Il Vermentino è un nostro cavallo di razza, ha una delicatezza aromatica particolare che viene dal territorio in cui nasce. E il territorio non si copia. Idem per il Cannonau”.

Se volesse dare una indicazione al comparto enologico sardo che cosa suggerirebbe?

“Non ho formule magiche, io però, punterei su un maggior impegno da parte dei produttori e una maggiore convinzione a sfruttare il nostro terroir, Privilegiando, naturalmente, i vitigni tradizionali. Quelli che segnano le differenze tra la Sardegna e gli altri”.

La qualità, evidentemente, non basta. Che fare?

“I produttori ce la mettono tutta. Ora occorre una regia vera da parte della Regione: da un lato bisogna investire sulla ricerca, coinvolgendo la Facoltà di Agraria di Sassari e gli altri enti di ricerca. Dall'altra bisogna puntare sulla promozione. Bisogna creare eventi, portare in Sardegna esperti e giornalisti per far vedere loro dove sorgono i nostri vigneti, fare innamorare i nostri ospiti della nostra natura, dei nostri prodotti, della nostra cultura”.

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