La Nuova Sardegna

Il caso: 344mila euro di interessi al cliente

di Nadia Cossu
Il caso: 344mila euro di interessi al cliente

L’odissea di un imprenditore: fa causa e il consulente tecnico d’ufficio gli dà ragione. Ora l’udienza

07 aprile 2014
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SASSARI. Per oltre vent’anni ha lavorato “appoggiandosi” alle banche. E tutto è filato liscio. «Poi la crisi ha messo in ginocchio anche la mia impresa e a quel punto la banca ha tirato i remi in barca ed è iniziato il crollo».

È curiosa la storia di un imprenditore sassarese di 45 anni, che potrebbe – stranamente – essere a lieto fine anche se di mezzo c’è un istituto di credito. Lui è il titolare di un’impresa edile e all’incirca dal 1986 per poter lavorare ha dovuto fare ricorso ai fidi bancari, prestiti che consentono di investire, vendere ed essere di nuovo a posto con i conti. «All’improvviso il Banco di Sardegna ha revocato i prestiti, per colpa della crisi globale che ha toccato anche il nostro territorio. E così mentre mi chiedevano con insistenza di rientrare nei fidi, io non riuscivo più a lavorare né a vendere in tempo gli immobili che avevo costruito». Il declino era dietro l’angolo: «Il debito era di 90mila euro e ho deciso di rivolgermi a un avvocato per capire se la mia banca avesse agito nella legalità». Il risultato è che il legale Michele Pais ha intentato una causa al Banco di Sardegna e il prossimo 8 maggio ci sarà un’udienza davanti al giudice civile Silvio Lampus durante la quale saranno presentati i risultati della consulenza tecnica d’ufficio richiesta dallo stesso giudice. Una relazione che in sintesi stabilisce questo: «A fronte dei 90mila euro di cui io ero debitore – aggiunge l’imprenditore – l’istituto di credito me ne doveva invece 344mila. Tutti interessi non dovuti», stando almeno agli accertamenti del consulente. La differenza tra 344mila e 90mila – ossia 254mila – è quanto la banca dovrebbe quindi restituire al cliente.

«Quanto accertato dal Ctu – questa è la linea difensiva dell’avvocato Pais – non è un’eccezione ma è la regola.Per i conti aperti prima del 6 luglio 1992 la clausola sugli interessi e sulle condizioni economiche contenuta nel contratto necessariamente rinvia agli “usi su piazza” ossia a quanto usualmente veniva praticato dalle aziende sulla piazza. Prima la Cassazione e poi il legislatore con la legge 154/92 hanno stabilito che questa clausola è nulla e quindi va applicato il tasso legale al posto di quello convenzionale. Le conseguenze sono enormi, in quanto un conto corrente ricalcolato in questo modo – escludendo anche la cms (la commissione di massimo scoperto, ossia la percentuale che la banca applica sul massimo saldo negativo registrato durante il trimestre) e l'anatocismo – in 7/8 anni diventa attivo. Se anche successivamente la banca ha regolarizzato il contratto (facendone firmare un altro) non importa perché a quella data il conto è sicuramente attivo e quindi non sono dovuti interessi debitori».

Chiaramente in sede di udienza la consulenza verrà discussa e saranno presentate in seguito le controdeduzioni. Ma la relazione super partes commissionata dal giudice Lampus resta in ogni caso un indicatore importante.

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