La Nuova Sardegna

Gavino Ledda: "Salvate i luoghi di Padre padrone"

di Pier Giorgio Pinna
Gavino Ledda: "Salvate i luoghi di Padre padrone"

Lo scrittore chiede a Pigliaru di realizzare a Siligo il museo della pastorizia. "Rilevi Baddhevrùstana e la casa di Abramo, io donerò il mio orto botanico"

04 aprile 2014
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INVIATO A SILIGO. Gavino Ledda osserva in silenzio, lo sguardo diretto verso le colline che sovrastano l'ovile di Baddhevrùstana. Poi, quasi di getto, si ferma e rilancia il suo appello: «La Regione può salvare i luoghi di Padre padrone. Tutti. Dai pascoli dove babbo mi ha portato quando avevo sei anni a questa terra dove ci troviamo adesso, il mio orto botanico, con tutte le piante della Sardegna, sino alla casa dove noi fratelli vivevamo con Abramo e mamma Mintòi».

La proposta. È un attimo: un istante più tardi, in un mattino dal sole splendente, lo scrittore si dirige verso due querce lì vicino. Quegli alberi, insieme con i lecci, i lentischi, i ginepri e i pini marittimi, contribuiscono a rendere splendida quest’area di cinque ettari e mezzo a poco più di un chilometro da Siligo, sulla strada che porta alla Carlo Felice. Passato qualche altro istante, Ledda riprende il discorso interrotto: «Diversi anni fa, quando il governatore era Renato Soru, l’amministrazione sarda aveva pensato di acquisire le terre dove ho fatto il pastore sin quasi a 20 anni, terre che rischiavano di venire devastate dalle cave. Il piano si era poi arenato. Oggi lo ripropongo al nuovo presidente della giunta, Francesco Pigliaru. L’idea è di tutelare assieme a Baddrevrùstana gli altri posti dove sono ambientate le mie opere. E io stesso sono disposto a donare in vita alla Regione quest’orto botanico, che ho comprato nel 1978 con i diritti d’autore di Padre padrone. Un bellissimo luogo della memoria. Vedete: qui c’è una pioppaia, laggiù una sorgente... curo ancora tutto io con l’aiuto di un compaesano».

«E un domani – incalza Ledda – lascerò in eredità alla stessa Regione o allo Stato la mia abitazione in paese, di fronte a quella di Abramo: con tutti i miei scritti, i miei documenti. Del resto, percepisco attraverso la legge Bacchelli un vitalizio dallo Stato: e così come lui ha pensato a me, è giusto che io pensi a lui».

Interventi. Ma perché questa scelta? Lo scrittore ci riflette un po’ su. La risposta non tarda ad arrivare: «Nel dicembre 2005 qualcuno sparò sul portone della mia casa: forse una reazione alla richiesta di salvaguardare Baddhevrùstana dagli scavi, di evitare che l’ambiente fosse sfregiato di nuovo com’era in parte successo sul monte poco distante. Allora si era creato un clima favorevole sulla mia proposta di salvare i luoghi di Padre padrone. Oggi penso che si possa riprendere quel progetto, allargarlo a tutti questi luoghi per fare il museo della pastorizia. E creare magari una scuola per l’insegnamento del sardo».

Caso per caso. «Certo, alcune situazioni sono complesse, delicate – prosegue Gaìnu – Baddhevrùstana, per esempio, non appartiene più ai Ledda. Ma credo che i proprietari, come hanno chiarito in passato alcuni di loro, sarebbero disposti a cedere le terre a fronte di una contropartita economica. Io non chiedo nulla per la mia quota di proprietà della casa di Abramo, pari a un sesto. E credo che, con un indennizzo ai miei fratelli per l’acquisto da parte della Regione, l’amministrazione pubblica potrebbe acquisire un patrimonio di grande valore per la storia della nostra isola».

«Qualcuno come Tremonti ha sostenuto che con la cultura non si mangia – argomenta lo scrittore, che oggi ha 75 anni – Ma io non sono d’accordo. Così come non sono d’accordo che l’agricoltura ora si pratichi nelle serre, dove non ci sono frutti della terra ma produzioni che sanno di morte».

«Insomma, a Francesco Pigliaru prima di tutto voglio dire: venga a trascorrere una giornata qui a Siligo con me, gli farò vedere di persona ogni cosa, questi sono posti che invitano a non abbandonare l’agricoltura. E, soprattutto, a non disperdere la memoria».

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