La Nuova Sardegna

Aggius, l’arte della tessitura I telai fotografati da Saragato

di Marco Bittau

Una tecnica antica nelle immagini del libro “Un battito e poi il successivo” Un sapere che si tramanda nel museo-laboratorio del paese gallurese

04 aprile 2014
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AGGIUS. Un battito, e poi un altro ancora. La vita e la storia di Aggius scandite dall’incedere meccanico dei telai delle tessitrici. L’ordito, il filato, la trama, il gesto e lo sguardo fermati per sempre dall’obiettivo del fotografo che racconta il senso e la radice delle cose.

Il risultato è un libro da guardare e poi da leggere, “Un battito, e poi il successivo”, pubblicato in sole 100 copie numerate dalla Phileas edizioni. L’autore è Mario Saragato, un giovane e brillante fotografo di Aggius, cresciuto a pane e pellicola nella corte del museo Meoc. Classe 1976, allievo di Salvatore Ligios, ha all’attivo diverse mostre (“35 fotografie facili e una difficile” del 2012, “Piccoli strumenti per interpretare il pianeta terra” del 2013 e “Un’eccezione” del 2014) e tre libri (“Sputeremo sulle vostre tombe” del 2011, “Zugzwang” del 2012 e l’ultimo “Un battito, e poi il successivo”). La sua cifra stilistica è chiara per la nitidezza dell’immagine, oscura per la predilezione di penombre e cieli coperti e nuvolosi. Fosse un pittore seicentesco, apparterrebbe di certo alla scuola di Rembrandt.

Per celebrare l’arte della tessitura ad Aggius, Saragato ha ritratto 32 donne al lavoro, chine sul tipico telaio orizzontale, monumento alla tradizione locale. Si chiamano Masina, Aurora, Simona... Gente comune, volti qualunque, di ogni età. Nei loro sguardi è custodito un profondo segreto: la conservazione dell’arte antica della tessitura. Il grande tesoro di Aggius, la sua storia, la sua cultura. Sono le stesse donne che ancora oggi nelle stanze-laboratorio del museo etnografico si ritrovano per tramandare saperi e manualità in modo che la trama non si spezzi e la storia non finisca mai. Perché lavorare al telaio è un po’ come fermare il tempo e far battere il cuore.

Mario Saragato, a modo suo, prosegue il lavoro straordinario svolto da Maria Lai che, proprio ad Aggius, otto anni fa era stata protagonista di indimenticabili workshop sintetizzati da una serie di opere esposte al museo o installate in modo permanente nelle pareti in granito del paese. “Essere e tessere”, un segno indissolubile. La memoria esposta alla vista di chi passeggia nel centro storico. L’artista di Ulassai aveva ricostruito nei pregevoli “teatrini-telai” tutto il suo universo fatto di trame, filati, giochi d’infanzia e animali feticcio. Oggi con gli scatti di Saragato la tessitura è ancora protagonista. Anche lui scava nella memoria del suo paese, anche lui gioca con gli intrecci e i filati. Anche lui è un fine tessitore. In più aggiunge al suo racconto la potenza degli sguardi delle donne chine sul telaio. La storia ora ha un volto, quello delle donne della porta accanto.

Come Samugheo nell’Oristanese, Sarule in Barbagia o Nule nel Sassarese, Aggius ha legato a doppio filo il suo nome all’arte antica della tessitura. Un patrimonio enorme che il piccolo paese dell’alta Gallura ha saputo conservare e valorizzare intorno a un polo museale (il museo etnografico, il museo del banditismo) e alla cooperativa Agios che gestisce i servizi turistici e culturali. «Un piccolo grande miracolo – dice il presidente della coop, Luigi Gana – ogni anno riusciamo a sostenerci senza contributi economici promuovendo nel mercato nazionale e internazionale l’immagine di un paese tutto da scoprire, fatto di paesaggi incantevoli, natura incontaminata, cucina caratteristica, arte e artigianato di qualità. Un angolo di paradiso in terra».

In questo circuito virtuoso la tessitura ha un ruolo centrale: è il motore della storia. Il battito del cuore che affascina artisti e fotografi, che incanta turisti e viaggiatori. «Un battito dopo l’altro – scrive Maria Teresa Mura, curatrice del museo e presidente dell’associazione culturale Museo di Aggius, autrice dei testi nel volume di Saragato, insieme al filosofo Giuseppe Pulina e all’antropologo Giulio Angioni – è un cuore che pulsa, è un telaio in movimento, è una donna che scandisce il ritmo del proprio lavoro. Dalla notte dei tempi traccia nel tessuto i propri segni, racconta. È la prima forma di comunicazione dopo i gesti e le parole? Sono questi segni che condurranno alla scrittura? Questi segni, questi gesti arrivano a noi tramandati da madre in figlia sempre gli stessi, sempre uguali. Anche stamattina, nel mio paese, mani sapienti si muovono sul telaio, giocano veloci, leggere, e aggraziate coi fili colorati tra gli orditi e poi decise... Un battito dopo l’altro».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

@marcobittau

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