La Nuova Sardegna

Sfregiata con l’acido: vent’anni di carcere per l’ex fidanzato

Sfregiata con l’acido: vent’anni di carcere per l’ex fidanzato

Condanne pesanti anche per gli aggressori di Lucia Annibali. La vittima in aula: «Nulla potrà ripagarmi del dolore subito»

30 marzo 2014
3 MINUTI DI LETTURA





PESARO. «È una sentenza giusta, e sono contenta per me e per la mia famiglia. Se ho cercato di resistere è anche per loro. Ma rimane una vicenda triste, non c’era bisogno di arrivare a tanto». È una Lucia Annibali «soddisfatta», ma esausta, quella che parla con i giornalisti in una conferenza stampa tenuta in Procura a Pesaro dopo la sentenza emessa a carico di Luca Varani, condannato a vent’anni di carcere come mandante dell’agguato con l’acido ai suoi danni, e dei due sicari albanesi che di anni ne hanno presi 14.

Elegante, con pantaloni neri e una camicia di seta colorata, i lunghi capelli scuri sciolti sulle spalle, Lucia accetta le domande e non ha paura di ripercorrere il suo inferno. Ma in realtà, dice, «l’incubo è finito un anno fa», e le ustioni subite le hanno insegnato ad «essere ottimista». Il momento più bello? «Quando ho ricominciato a vedere». Donna forte, che costantemente rimanda l’immagine di una persona che non si è piegata alla violenza: «Vado avanti come sempre, con la mia vita, la mia famiglia, i miei amici. Io vado avanti. L’importante - ripete - è il mio benessere, il resto è un premio giusto al lavoro che è stato fatto dalla procura, dai carabinieri, da tutti coloro che hanno lavorato a questo caso. Ed è giusto che chi ha commesso questo scempio - aggiunge, indicando con una mano il suo viso - sia punito nel modo in cui il giudice ha ritenuto giusto. Quindi va benissimo così». Chi le dà questa forza? «Questa forza è dentro di me», dettata dal desiderio di «riprendere la mia vita e non dare soddisfazione a nessuno».

Durante il processo è stata accanto a Varani, separata da lui da tre sedie e ha dovuto sentire le difese nel tentativo di smontare la tesi dell’accusa: «È stata una prova difficile - ammette - ma mi concentro su quel che c’è di positivo, le miserie le lascio agli altri». Cosa c’è per lei, nell’immediato? «Un altro intervento», riesce a scherzare, e poi a chi le chiede se è vero che potrebbe candidarsi elle europee, «per ora - risponde - voglio vivere questa vita riconquistata. Non c’è niente che possa ripagarmi, l’importante è che viva bene io la mia nuova esistenza».

Poi altre domande sull’agguato, ordito, così è stato riconosciuto, da un uomo con cui aveva avuto un legame affettivo: «Paradossalmente - non ha paura di dire - è stata una liberazione. Da quel momento ho ripreso le redini della mia vita. E non mi rimprovero nulla, quel che è accaduto era imprevedibile. In ogni caso, ho fatto pace con me stessa quando ero in ospedale». E ai medici di Parma che l’hanno curata e ai pazienti ustionati va il suo pensiero: ringrazia i primi e agli altri dice di «crederci sempre. Si può tornare alla vita anche se non si è perfetti».

In Primo Piano
Il funerale

A Ittiri lacrime e rombo di motori per l’ultimo saluto a Sebastiano Pasquarelli

di Luca Fiori
Le nostre iniziative