La Nuova Sardegna

Sassari, un restauro e una scoperta nella chiesa di Santa Maria

di Antonio Meloni
Sassari, un restauro e una scoperta nella chiesa di Santa Maria

Presentato il recupero della preziosa opera realizzata in legno policromo. L’antico altare dedicato a San Giuseppe rivela una storia inedita e originale

24 marzo 2014
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SASSARI. Il restauro di un’opera d’arte, al di là dell’aspetto tecnico, riserva sempre sorprese importanti. Quando si rimuove la patina di impurità che ricopre la superficie dei monumenti, oltre ai colori e alle forme originari riaffiorano le vicende che ne hanno caratterizzato la realizzazione. Dettagli che il tempo aveva nascosto e che un’attenta rilettura, invece, riconsegna finalmente alla storia. Capita, per esempio, di scoprire che un altare barocco dedicato a un santo fosse stato in realtà realizzato per celebrarne un altro e che incrociando dati e notizie ricavate da fonti d’archivio si possa scrivere una storia diversa.

Proprio come è successo a Sassari durante il restauro dell’altare di San Giuseppe, preziosa opera barocca in legno policromo custodita nella chiesa di Santa Maria di Betlem. Il recupero, affidato alla soprintendenza per i beni architettonici e coordinato da Alma Casula, ha riportato alla luce alcuni preziosi dettagli che, a lavoro ultimato, hanno consentito alla storica dell’arte di scoprire che l’altare, che oggi ospita la statua di San Giuseppe lavoratore, fosse in origine dedicato a San Giuseppe da Copertino, il santo dei voli, di origine pugliese, molto venerato anche nella Sardegna del XVII secolo.

Una storia affascinante, ricostruita sabato, nella sala attigua alla biblioteca del Convento di Santa Maria, durante la presentazione del restauro che in un anno ha riportato l’opera all’antico splendore. Tutto parte da un episodio che riavvolge il nastro del tempo di circa due secoli, quando, nel 1826, il crollo del campanile di Santa Maria danneggia gravemente la cappella dedicata a San Giuseppe lavoratore, patrono del gremio dei falegnami, che a tutt’oggi, nella stessa chiesa, conserva il candeliere dopo la discesa del 14 agosto. Tra frati e gremianti nasce una contesa legata alla nuova collocazione, conclusa con l’assegnazione dell’altare ligneo dedicato al santo che, fra tutti, richiama, anche nel nome, la devozione al patrono dei falegnami. Il Giuseppe da Copertino viene così detronizzato per far posto al Giuseppe lavoratore. Che l’altare fosse in origine dedicato al santo pugliese è riemerso dalla recente rilettura del contratto stipulato tra i frati e l’artigiano Francisco Usay che nel 1774 realizzò l’opera. In un passo del documento, conservato nell’Archivio di stato, i frati specificano che la nicchia centrale dovrà essere dotata di un pannello richiudibile ad anta, diverso da quelli a saliscendi già realizzati in altri due altari della stessa chiesa. Un quadro, dunque, che facesse da sportello il quale, nella tradizione degli altari barocchi, veniva aperto dal celebrante durante le funzioni per creare un artificio scenico di rara suggestione secondo la particolare concezione religiosa del XVII secolo. Quel quadro, di autore ignoto, si conserva ancora nella sagrestia e raffigura uno dei più noti voli estatici compiuto, secondo la credenza, da Giuseppe da Copertino, ad Assisi, nel 1646, durante una visita ufficiale dell’ambasciatore di Spagna.

Ulteriore testimonianza del culto al santo dei voli è una stauroteca (reliquiario contenente frammenti del legno della croce) in argento dello stesso periodo, custodita dai frati, che riporta alla base la miniatura essenziale del prodigio di Assisi. Sul piano squisitamente tecnico, l’intervento, realizzato con il contributo di Pietro Usai, restauratore della Soprintendenza, ha consentito di individuare non soltanto le modifiche strutturali dello storico “cambio di destinazione”, ma anche l’entità del degrado caratterizzato da depositi superficiali di varia natura e perfino da una significativa infestazione di termiti che in certi punti aveva ridotto il legno in poltiglia. Tutto questo è stato possibile solo grazie allo smontaggio dell’imponente struttura, operazione delicatissima affidata a uno specialista internazionale. Non è ancora tutto. La chiesa di Santa Maria di Betlem, infatti, secondo la valutazione di Alma Casula, è l’unica in Sardegna a conservare altari barocchi lignei con ante richiudibili e questo è un altro importante elemento riemerso durante l’intervento.

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