La Nuova Sardegna

Mucca pazza, cagliaritana di 51 anni in fin di vita

di Mauro Lissia
Mucca pazza, cagliaritana di 51 anni in fin di vita

Nell’isola quattro casi in un anno ma non c’è allarme: nessuna correlazione con l’uso di carni bovine

18 marzo 2014
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CAGLIARI. Una donna cagliaritana di 51 anni, T.P., madre di un bambino, si trova ricoverata in fin di vita in una casa di cura della città: meno di due mesi fa ha manifestato i sintomi della malattia di Creutzfeldt-Jacob (Mcj), di cui è considerata una variante la Bse o morbo della mucca pazza. Nel giro di pochi giorni lo stato di salute della donna, che fa l’impiegata in un’azienda, si è aggravato e i medici dell’ospedale Brotzu non hanno potuto che prendere atto della situazione: non esiste una terapia in grado di fermare l’avanzare della malattia.

La diagnosi è stata confermata dal laboratorio dell’Istituto superiore della sanità, la cartella clinica elaborata dall’azienda Brotzu certifica che si tratta del morbo letale che sembra colpire l’uomo attraverso i bovini. Dopo circa cinque settimane di degenza in ospedale i familiari hanno deciso di riportare a casa la donna malata, che è stata successivamente trasferita in una clinica per garantirle una migliore assistenza.

Secondo informazioni non ancora confermate dalle autorità sanitarie i casi di mucca pazza, come viene definito genericamente il morbo nelle sue varianti, sono stati quattro nell’arco di circa un anno: quello di Cagliari, uno a Marrubiu e altri due probabilmente nel centro Sardegna. Vengono però classificati come «sporadici» perché non c’è alcuna prova che siano legati all’uso di carni bovine non controllate, per quanto nel caso accertato del Brotzu le analisi abbiano confermato la presenza nel liquor cerebrale della donna cagliaritana della proteina 1433, il terribile prione dell’encefalopatia spongiforme bovina che provoca danni irreversibili nel sistema nervoso centrale dell’animale e anche nell’uomo.

Gli studi scientifici dimostrano però che i tempi definibili impropriamente di incubazione della malattia - che non è infettiva - sono lunghissimi, si parla anche di vent’anni. Quindi è impossibile stabilire un nesso tra l’insorgenza dei primi sintomi, che i familiari di T.P. hanno rilevato circa due mesi fa, e l’ingestione di carni bovine. E’ certo che l’impiegata colpita dalla Mcj è particolarmente ghiotta di pietanze a base di cervella animali. Questo è il solo dato che autorizza a sospettare una correlazione tra l’ingestione di carni bovine e la malattia. Peraltro i familiari riferiscono che T.P. non ha l’abitudine di viaggiare e che ha sempre acquistato in Sardegna la carne bovina per i suoi pasti. Un dato in più che non può e non deve indurre in alcun modo a lanciare allarmi: la Mcj è una malattia che esiste da sempre nell’isola, il numero dei casi non ha subìto nel corso degli anni variazioni sensibili, esiste fra l’altro una forma del morbo indipendente dall’ingestione di carni bovine che si manifesterebbe in genere nella terza età. Il silenzio delle autorità sanitarie sui quattro casi registrati - e non ancora confermati ufficialmente - in Sardegna sembra legato all’esigenza di non diffondere preoccupazioni ingiustificate.

La sindrome di Creutzfeldt-Jacob si manifesta con la perdita della memoria, cambiamenti sensibili della personalità, allucinazioni, difficoltà nell’uso di braccia e gambe, rigidità nella postura e convulsioni. Sono le conseguenze di un’alterazione della proteina chiamata prione, che provoca perdita di neuroni, le cellule del cervello. Non c’è cura: la morte arriva in un arco di tempoi che va da pochi mesi a due anni. Nella sua forma più comune colpisce una persona su u n milione all’anno.

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