La Nuova Sardegna

Olbia, scoperti cinque ponti abusivi

di Giampiero Cocco
Olbia, scoperti cinque ponti abusivi

Indagini dopo il nubifragio, opere realizzate in zone alluvionali inesistenti per il Genio civile

06 marzo 2014
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OLBIA. Nelle tre inchieste sull’abusivismo edilizio e sullo scempio urbanistico che ha investito Olbia e il suo hinterland ora saltano fuori anche cinque tra ponti e sovrappassi realizzati in zone alluvionali: lavori pubblici (o realizzati da privati interessati?) mai censiti, inesistenti per la cartografia del Genio civile.

“È come scavare dentro una miniera dismessa, dove in trent’anni è stato sepolto di tutto”. Questa la fredda analisi messa nero su bianco dagli ispettori del Corpo forestale e dai diversi periti che si stanno occupando della prima della delle tre mega indagini (le altre due riguardano il post alluvione del novembre 2013: si tratta dell’operazione “Cleopatra”, coperta da un impenetrabile segreto d’ufficio) affidata due anni fa dal sostituto procuratore della Repubblica Riccardo Rossi a due urbanisti della penisola nominati suoi consulentiti d’ufficio e riguardante le concessioni edilizie in generale rilasciate negli anni che vanno dal 1980 in poi a Olbia, indagine ormai quasi giunta a conclusione. Un affastellarsi di autorizzazioni quasi tutte in contrasto tra loro. Le quali cozzano contro un piano idrogeologico che, come l’Araba fenice, appare e scompare a seconda dell’impresa che presentò i progetti per realizzare mega strutture o villette monofamiliari.

Tutto all’interno di frazionamenti e lottizzazioni di ex terreni agricoli o zone di rispetto incluse successivamente nei sedici piani di risanamento (firmati dai sindaci che si sono succeduti dal 1985 ad oggi). E con l’avallo di uno stuolo di tecnici che sarebbero incorsi in palesi e macroscopici conflitti d’interesse lavorando per più parti, tra privati e pubblica amministrazione.

Lo scenario che si sta delineando è quello descritto nelle corpose consulenze d’ufficio che nei giorni scorsi sono state depositate nella stanza del sostituto procuratore della Repubblcia di Tempio Riccardo Rossi. Dedine e decine di faldoni che ricostruiscono la genesi di una città sorta tra abusivismo diffuso e disinteresse amministrativo, tra scempio del territorio – con la realizzazione di strutture pubbliche e private su aree fluviali e in zone di tutela integrale – oltre che di interi residence, poi inglobati nel tessuto urbano, nati con i vecchi e sempre validi escamotage delle richieste di licenze edilizia a fini rurali, poi tramutate in aree urbane.

E mentre si stava per chiudere questa prima inchiesta, che vedrebbe (il condizionale è d’obbligo) iscritti sul registro degli indagati almeno una decina di personaggi tra costruttori, liberi professionisti e tecnici comunali, è saltato fuori un ponte, con tanto di ringhiere e sottostrutture, al centro della città. Un ponte sconosciuto alla “carte” ufficiali. Gli uomini del Corpo forestale stavano accertando il motivo per il quale vi erano stati dei problemi alla rete urbana del gas quando si sono trovati davanti un tubo rotto sotto quel ponte. Che per il Genio civile è inesistente.

Stessa situazione per altri quattro sovrapassi in strade di penetrazione agraria, comunali e provinciali, nell’area urbana di Pittulongu. Dove l’indagine si è allargata in quanto vi sono diversi immobili realizzati su aree umide (alcuni dei quali messi sotto sequestro diversi anni fa) e quindi di tutela integrale ambientale, paesaggistica e sottoposta a vincoli idrogeoligici. Una miniera di abusi edilizi e di scempi ambientali che si sta rivelando un vaso di Pandora, pronto ad esser scoperchiato a brevissimo termine.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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