La Nuova Sardegna

Crisi industriale nel Nuorese, avanza il modello Volkswagen

di Alfredo Franchini
Crisi industriale nel Nuorese, avanza il modello Volkswagen

La proposta di Maninchedda per rilanciare la produttività negli impianti di Ottana e Tossilo. La Cisl: «Siamo pronti a usare la leva contrattuale». La Confapi: «Restano i problemi strutturali»

05 marzo 2014
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CAGLIARI. Un’isola «modello Volkswagen» per poter sopravvivere alla crisi che sul piano economico ci ha riportato indietro di quindici anni. La proposta, che era in discussione alla metà degli anni Novanta, è stata rilanciata da Paolo Maninchedda, fondatore del Partito dei sardi. Quando si parla di modello Volkswagen si intendono soluzioni industriali innovative, come quelle che, da circa vent’anni, sono state introdotte nell’industria tedesca con risultati certi: l’aumento della produttività e nessun licenziamento.

«A Ottana e a Tossilo», sostiene Paolo Maninchedda, «le due zone industriali che ho più frequentato, o si fa così o non si riparte. Non solo: Ottana chiude; la chimica non regge il confronto coi mercati in queste condizione; il tessile può ripartire solo se cambiano le condizioni sulla produttività».

La recessione colpisce tutti ma l’impatto più grave ce l’ha sui livelli occupazionali. Che fare? Gli economisti ripetono che una buona economia è quella che, in tempi di crisi, è supportata dagli investimenti pubblici e che risparmia quando le cose vanno bene. Ma ora sperare nella mano pubblica è difficile; meglio pensare a interventi immediati, tra cui il modello Volkswagen. Anni Novante: gli operai tedeschi decisero di lavorare un giorno in più, un regalo che negli anni successivi venne loro restituito come bonus. (In Germania il sindacato siede nei Consigli d’amministrazione dell’azienda). E’ un modello riproducibile? «Quando mancano le risorse fresche, per mettere in campo misure anticrisi, si deve usare la leva contrattuale», afferma Oriana Putzolu, segretaria generale della Cisl dopo aver premesso che «spetterà alla giunta Pigliaru realizzare un piano di politica industriale.

Il sindacato, comunque, è pronto a mettere in campo forme contrattuali innovative che consentano di non spegnere gli impianti, così come ipotizza, nel peggiore dei casi, Maninchedda.

«Per la Cisl niente di nuovo sotto il sole», spiega Oriana Putzolu, «abbiamo fatto della contrattazione il nostro cavallo di battaglia. Certo si tratta di studiare modelli contrattuali che vadano bene per il nostro territorio. Da questo punto di vista non mi sembra che il modello Volkswagen sia quello adatto». Ogni situazione ha una storia a sé e la Cisl ricorda il precedente del contratto che fu stipulato a suo tempo per Montefibre.

Francesco Lippi, presidente regionale della Confapi, l’associazione delle piccole e medie imprese, è più cauto.

«I problemi che incontrano i potenziali investitori sono molto diversi», afferma Lippi, «se non vengono in Sardegna i motivi sono sotto gli occhi di tutti: l’ostacolo della burocrazia, su tutto, l’incertezza del diritto, la mancanza di infrastrutture». A questo proposito è bene ricordare quanto disse l’amministratore delegato della Skoda visitando gli stabilimenti della Keller: «Bellissimi impianti, peccato che siano in Sardegna» e quindi senza gli opportuni collegamenti.

«Non conosco ricette magiche», afferma Francesco Lippi, «sono curioso di vedere se il nuovo governo della Regione proseguirà nelle politiche industriali avviate, come la green economy, o se intende investire in altri settori».

Ma al di là delle politiche strutturali, la recessione impone scelte immediate per evitare che la crisi economica diventi un dramma sociale. Tutti, a cominciare dal sindacato sardo, vorrebbero diminuire il ricorso alla cassa integrazione a vantaggio del lavoro. Ma intanto gli ammortizzatori sociali sono un fatto ineluttabile. «La lotta agli sprechi è un dovere», sostiene Maninchedda, «e le risorse che si possono recuperare da quella lotta ci servono per sostenere il welfare nella fase di transizione». Un nuovo sviluppo, auspicabile, non si improvvisa da un giorno all’altro e nel frattempo, in Sardegna, aumenta ogni giorno il numero di coloro che si avvicinano alla soglia di povertà.

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