La Nuova Sardegna

Un’isola nata nel segno dell’acqua

di Luciano Piras
Un’isola nata nel segno dell’acqua

Nel libro di Maria Ausilia Fadda un viaggio tra i santuari della Sardegna nuragica

14 febbraio 2014
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Orune, fonte sacra di Su Tempiesu: «un superbo esempio di ingegneria idraulica, opera di un popolo abile nel progettare ed edificare, in condizioni geomorfologiche estreme, impianti complessi capaci di funzionare anche a distanza di millenni». È la prima tappa che Maria Ausilia Fadda propone nel suo nuovissimo viaggio tra santuari e bronzi votivi della Sardegna nuragica, Nel segno dell’acqua, un cartonato di grande pregio pubblicato da Carlo Delfino editore, con il contributo dalla Banca di Sassari, marchio Conosciamoci Meglio (attività di promozione della cultura, della storia e dell’identità isolana).

Un librone di 260 pagine, carta patinata lucida, ricco di fotografie e cartine a colori, per un lungo racconto che scandaglia il culto dell’acqua ai tempi dei nuragici «attraverso la ricostruzione della vita dei santuari e la gestione delle grandi risorse economiche che vi confluivano», sottolinea l’autrice, già direttore della Soprintendenza per i beni archeologici per le Province di Sassari e Nuoro.

«Diviene così più semplice – spiega – comprendere nuovi aspetti dell’organizzazione sociale nuragica e il vero ruolo svolto dalle classi dominanti che, proprio nei santuari, potevano gestire il potere religioso ed economico». È l’architettura sacra, insomma, la chiave di lettura di questo viaggio nella preistoria sarda firmato da Maria Ausilia Fadda, con la collaborazione di Lavinia Foddai. Da Orune a Teti, santuario nuragico di Abini: nelle omonime campagne, chiamate non a caso «Sa badde de sa bidda, “la valle della città”», dove vennero ritrovate «decine di bronzi figurati di offerenti e guerrieri, di personaggi con quattro occhi e quattro braccia, di animali di diverso tipo, di navicelle votive frammentarie, asce, decine di spilloni e pugnali, pugnaletti, bottoni, fibule frammentarie... ». Oliena, complesso nuragico di Sedda ’e sos Carros: «toponimo che ricorda un’antica economia legata alla selvicoltura, alla produzione e al trasporto del carbone che integrava il sistema produttivo locale prevalentemente agricolo e pastorale».

E poi, ancora: Ballao e il complesso nuragico di Funtana Coberta; Fonni e il santuario di Gremanu; Serri e il santuario federale di Santa Vittoria; Bitti e l’altopiano dei templi di Romanzesu; Sorso e l’area sacra di Serra Niedda; Siligo e il santuario nuragico di Monte Sant’Antonio; Genoni e il pozzo di Santu Antine; Orani e il nuraghe Nurdole trasformato in tempio; Esterzili, il tempio a megaron e la leggenda di Orgia; Villangrande Strisaili, il santuario nuragico di S’Arcu e is Forros e le insulae degli artigiani fusori; Sorradile e il tempio nuragico di Su Monte; Irgoli, un tempio nel valico di Janna ’e Pruna; e di nuovo Villagrande Strisaili e il tempio nuragico di Sa Carcaredda. Sedici tappe che offrono lo spunto «per tracciare un singolare viaggio a ritroso nel tempo, tra i grandi santuari della Sardegna nuragica e le molte pratiche cerimoniali, tuttora in uso, che affondano le proprie radici nella lonta età del Bronzo» scrive Fadda.

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