La Nuova Sardegna

Soldi dalla sanità per produrre reality, partecipare all'Expo e sostenere la scalata dell'Himalaya

di Mauro Lissia
Soldi dalla sanità per produrre reality, partecipare all'Expo e sostenere la scalata dell'Himalaya

La Regione ha finanziato le attività di comunicazione di Sardegna Promozione rastrellando fondi da assessorati e Argea, l’agenzia per l’agricoltura

03 febbraio 2014
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CAGLIARI. Per finanziare il reality show Sweet Sardinia nella rete berlusconiana La 5, la partecipazione all’Expo 2015 di Milano e persino la missione in Himalaya di un sardo che intende scalare l’Everest la Regione non ha esitato a sottrarre risorse economiche al bilancio della sanità pubblica: a leggere la determinazione 141 del 23 aprile 2013 firmata dal direttore centrale dell’agenzia governativa Sardegna Promozione, il sassarese Mariano Mariani, la giunta Cappellacci ha deliberato di sfilare 180 mila euro da quanto viene destinato nel bilancio a ospedali e servizi sanitari, da sempre in sofferenza, per girarli sui costi della comunicazione.

Eppure i soldi non mancavano: ai cinque milioni e mezzo stanziati per tenere in piedi l’agenzia il 17 giugno 2013 ne sono stati aggiunti altri due raccolti dov’era possibile. A parte l’obolo arrivato dall’assessorato alla sanità, 50 mila euro sono piovuti nelle casse della generosa agenzia direttamente da quelle della presidenza della Regione, altri 500 mila dall’Argea, l’agenzia deputata a occuparsi di agricoltura, che appena un mese dopo ha trasferito sul conto di Sardegna Promozione un’ulteriore quota da 800 mila euro.

Può apparire strano, ma la somma ingente che la Regione destina ogni anno all’agenzia non bastavano a garantire la realizzazione del robusto progetto elaborato per l’Expo e le altre attività che nelle intenzioni della Regione dovrebbero contribuire a diffondere nel mondo il marchio turistico dell’isola. Ma non è finita: una determinazione del 12 settembre 2013 ha portato nelle casse di Sardegna Promozione un altro milione e 850 mila euro, di cui 600 mila sono finiti alla Diocesi di Cagliari per contribuire all’organizzazione della visita di Papa Francesco.

Eppure Sardegna Promozione - un direttore e venticinque dipendenti, di cui sette assunti a tempo determinato - doveva essere soppressa. E’ stato probabilmente l’avvicinarsi delle elezioni a suggerire il dispendioso ripescaggio che ha trasformato l’agenzia in una sorta di bancomat di facilissimo accesso. Se infatti lo scopo dichiarato dell’agenzia è contribuire a iniziative che lancino l’immagine della Sardegna, i progetti finanziati nel 2013 - tolto l’Expo, la visita del Papa e qualcun altro - assomigliano a banali sponsorizzazioni a pioggia di società sportive, che sarebbero rigorosamente vietate dalla legge.

Sorprende poi il meccanismo di concessione dei contributi, alcuni di importo faraonico: basta scaricare qualche modulo dal sito della Regione, compilare i form e presentare un semplice progetto per finire in una lista che passa a volo d’uccello negli uffici dell’agenzia e finisce puntualmente sulla scrivania del direttore centrale.

Ed è lui, Mariano Mariani, che decide se aprire o no i cordoni della borsa, senza alcuna attività di selezione certificata e soprattutto senza alcun controllo da parte dell’assessorato al turismo, che sarebbe obbligatorio in base alla legge. Ed è proprio la questione del controllo sui progetti quella che appare più curiosa: trattandosi di contributi pubblici dovrebbe essere una commissione o comunque un organo di emanazione pubblica a compiere le verifiche e a stabilire cosa finanziare e cosa no. Venticinque dipendenti, di cui la maggior parte vincitori di concorso, sembrano rappresentare un organico sufficiente per occuparsi con profitto delle pratiche di contribuzione. Invece il direttore Mariani ha deciso diversamente: il controllo è affidato alla società cagliaritana Pcs Sviluppo, con sede in viale Bonaria 28.

Ed è qui che nascono le perplessità: Mariani, una breve esperienza come commissario prefettizio a Olbia, è considerato vicinissimo a Ugo Cappellacci. Con lui ha condiviso anche la disavventura giudiziaria originata dal crack dell’Ila, un’industria di laminati d’alluminio con sede a Portoscuso. Se Cappellacci, al tempo consulente della Procura, è uscito indenne dal procedimento penale, Mariani è ancora sotto giudizio per truffa aggravata.

Mentre una semplice visura storica sulla società Pcs fa emergere il nome di un altro professionista certamente non sconosciuto a Cappellacci,: si tratta di Paolo Brigaglia, amministratore unico e maggiore azionista della Pcs, finito insieme al governatore nel calderone giudiziario della Municipalizzata di Carloforte con l’accusa di bancarotta. E’ stato assolto dopo che il pm Giangiacomo Pilia aveva chiesto la sua condanna. Ma quello che pesa è il rapporto di lavoro con Cappellacci, un rapporto di vecchia data e sicuramente di fiducia, visto che per controllare se i milioni dell’agenzia Sardegna Promozione vengono spesi bene la Regione ha scelto proprio lui.

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