La Nuova Sardegna

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I sindaci: «È dura resistere, ma noi non molliamo»

di Silvia Sanna
I sindaci: «È dura resistere, ma noi non molliamo»

SEMESTENE. Lo scuolabus ogni mattina passa a prendere 3-4 bambini, direzione le scuole Elementari di Bonorva, delle coppie che si sono sposate nel 2013 soltanto una ha scelto di vivere in paese. Ed è...

24 gennaio 2014
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SEMESTENE. Lo scuolabus ogni mattina passa a prendere 3-4 bambini, direzione le scuole Elementari di Bonorva, delle coppie che si sono sposate nel 2013 soltanto una ha scelto di vivere in paese. Ed è stato un piccolo miracolo per Semestene, da dove la fuga dei giovani è iniziata molti anni fa. Dice il sindaco Stefano Sotgiu, 37 anni: «Trattenerli è impossibile, io stesso non so che farò in futuro. Quando si decide di formare una famiglia bisogna pensare ai figli: i bambini devono avere coetanei con cui giocare, devono godere di servizi che qui non ci sono. Lo studio illustrato ieri a Cagliari conferma quello che già si sapeva: Semestene è un paese in bilico – aggiunge il sindaco, lo spopolamento è un dramma da quasi 15 anni». Dal 2000 per l’esattezza, da quando il piccolo centro del Mejlogu ha visto il 40 per cento dei suoi abitanti prendere il volo. «Primato nazionale», commenta il sindaco. Perché? «Il mondo delle campagne è entrato in crisi, una crisi senza precedenti, nessuno vuole più fare il pastore perché il mestiere non rende più. I ragazzi studiano fuori e fuori restano, qui non ritornano». Anche nella maggior parte dei paesi limitrofi non si sorride: Padria e Giave (dice lo studio) esisteranno al massimo per altri 40 anni, Pozzomaggiore dagli anni Sessanta ha perso un migliaio di abitanti, Bonorva sfiorava i 5000 e oggi ne conta circa 3400. «Fa eccezione Cossoine – dice il sindaco di Semestene –: lì il calo demografico si percepisce meno, molti giovani fanno i pendolari per lavoro ma poi la sera rientrano a casa. C’è un attaccamento diverso al proprio paese». Anchea Monteleone Rocca Doria si respira un forte senso di appartenenza. Che però, insieme ai diversi tentativi compiuti dall’amministrazione per creare nuovi posti di lavoro, non riesce a fermare l’emorragia demografica costante: gli abitanti sono 135, l’età media dei residenti è molto alta, le scuole sono un lontanissimo ricordo. Quanto basta perché al piccolo Comune dell’entroterra algherese gli esperti dell’Università concedano (al massimo) altri 15 anni di vita. Il sindaco Antonello Masala però non ci sta: «Noi non ci arrendiamo, siamo consapevoli di quanto è critica la situazione ma vogliamo provare a fare risorgere il nostro gioiello». Come ? Puntando sul turismo e sullo sport, «ormai Monteleone è il regno degli appassionati di arrampicata sportiva» e valorizzando il lago «una risorsa straordinaria». «Qui si vive bene – continua il sindaco Masala –, la disoccupazione sfiora appena l’1% , con i cantieri comunali il lavoro non manca. Invertire il trend forse è impossibile, ma provarci è doveroso».

La pensa allo stesso modo Dario Fenu, sindaco di Nughedu San Nicolò, 870 abitanti oggi, 2300 alla fine degli anni Cinquanta. Dai 20 ai 40 anni di vita, secondo lo studio. Nel paese del Monte Acuto a una manciata di chilometri da Ozieri, i servizi diminuiscono proporzionalmente ai residenti. Due anni fa ha chiuso la scuola media, studenti trasferiti a Ozieri, la Materna e le Elementari ancora resistono ma da tempo ci sono le pluriclassi. «Da 30 anni sentiamo parlare di spopolamento – dice il sindaco Fenu – e da 30 anni assistiamo a scelte politiche sbagliate che non fanno altro che aggravare il fenomeno. In Lapponia hanno rafforzato i servizi nei centri minori, qui tutto viene accentrato in quelli più grandi. Non ci sono strategie per rilanciare le zone interne – aggiunge il sindaco –, la crisi delle campagna e del comparto artigiano qui ha camminato veloce lasciando molte vittime. E la politica non ha saputo reagire».

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