La Nuova Sardegna

Cameriere algherese muore assiderato dopo la serata al pub

di Luigi Soriga
Cameriere algherese muore assiderato dopo la serata al pub

Claudio Sassu, 47 anni, lavorava in un centro benessere Si è sentito male mentre ritornava verso il suo alloggio

23 gennaio 2014
3 MINUTI DI LETTURA





ALGHERO. Alle prime ore del mattino lo hanno ritrovato così: rannicchiato sotto un cielo siderale, dentro un cantiere, attorno a sé solo inerti e un freddo cane. Come un piccolo fagotto adagiato nel gelo.

Addosso aveva un paio di pantaloni, una camicia e una giacca leggera. Una seconda pelle troppo sottile per reggere il peso di una notte da meno venti gradi.

Claudio Sassu, o affettuosamente Claudietto come lo chiamavano tutti ad Alghero dall’alto del suo metro e cinquanta, inseguiva sempre il lavoro. Non importa se aveva quarantasette anni e aveva già girato mezza Italia e l’Irlanda. In periodi di magra faceva la valigia e andava a svernare in montagna. Più facile guadagnarsi da vivere in mezzo alla neve, per un cameriere navigato come lui, piuttosto che in mezzo alla desolazione delle spiagge algheresi. Quest’anno aveva scelto Livigno, Alta Valtellina, e prestava servizio come stagionale nel centro benessere Aquagranda.

Martedì era il suo giorno libero. Con un suo collega algherese si erano rintanati nel calduccio di un pub, a godersi il tepore di quattro chiacchiere e di una birra. Con loro altri amici, perché Claudietto era una persona espansiva che amava stare in mezzo alla gente. A un certo punto della serata si alza, saluta tutti e va via. Quel che è successo dopo saranno i carabinieri di Livigno a ricostruirlo. Perché di Claudio si perdono le tracce e l’amico, alle 5 del mattino, lancia l’allarme. Pare sia andata in questo modo: Claudio Sassu si è incamminato verso il suo alloggio, non troppo distante dal locale. Procede a passo svelto, perché indossa solo una camicia e una giacca, e il freddo secco di Livigno sprofonda rapidamente fin dentro le ossa. Anche lo sbalzo di temperatura tra il pub e la notte gelata, arriva come un pugno al petto. Il cameriere forse si rende conto di non star bene, lo shock termico lo fa barcollare. Capisce che non ha più le forze per arrivare sino a casa. Così si guarda intorno e vede di fianco una discarica dove si smaltiscono materiali edili. È confuso, pensa che lì dentro forse potrà trovare rifugio e riprendere un po’ di vigore. Invece l’assideramento preme più a fondo, e forse Claudio perde i sensi. Si raggomitola indifeso sotto una coperta di gelo.

Dirà la mattina dopo il medico legale: «Decesso dovuto ad arresto cardiocircolatorio». Nessun segno di violenza, nessuna colluttazione, esclusa qualsiasi aggressione. Lo hanno ritrovato alle prime luci dell’alba i vigili del fuoco e poi i carabinieri, dopo aver battuto palmo a palmo il percorso che separava il pub dall’alloggio. Hanno constatato il decesso, avvisato il medico e il magistrato e poi i conoscenti per il riconoscimento.

È una morte assurda, e a tratti paradossale per una persona come Claudio. Morire soli e di freddo sembra uno di quei finali scritti per animi schivi e tristi. Ma non per un uomo che amava circondarsi dal calore degli affetti. Ad Alghero era conosciutissimo, un po’ perché in trent’anni aveva servito ai tavoli di molti locali, ultimo dei quali il “Ristorante” O in via Sant’Erasmo. Un po’ perché nel quartiere San Paolo, nel quale è nato e cresciuto col fratello Robertino (storico dj) e le sorelle Marina e Daniela, i ragazzini erano tanti, vivaci e si conoscevano tutti. E poi perché col suo metro e cinquanta aveva una simpatia concentrata, era espansivo e non si accontentava mai di un frettoloso saluto: era uno di quelli che ti chiedeva sempre come stai. «Una brava, onesta persona», dicono i conoscenti. «Un piccolo grande uomo», dice chi gli ha voluto bene.

In Primo Piano
Verso il voto

Gianfranco Ganau: sosterrò la candidatura di Giuseppe Mascia a sindaco di Sassari

Le nostre iniziative