La Nuova Sardegna

Nello spazio pubblico le regole dei privati

A Sassari un convegno sul volume di Antonietta Mazzette

22 gennaio 2014
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SASSARI. Piazza d’Italia, l’Emiciclo, piazza Castello popolate da gruppi adolescenti e qualche anziano seduto sulle panchine. E poi i bambini che giocano a pallone in piazza Tola, che si riempie di vita nelle serate del fine settimana. La parte attiva di Sassari, i professionisti, le generazioni intermedie, non ci sono. Non passano in centro, non lo vivono. Vanno al lavoro in auto, e sempre in auto rientrano in quartieri-dormitorio. Pochi gli uffici in centro, tante le serrande abbassate a indicare una crisi fortissima, mentre molti scelgono la comodità dei parcheggi gratuiti nei centri commerciali, “non-luoghi” esterni alla città.

È questa la Sassari che emerge dal video realizzato dagli studenti del corso di Analisi delle politiche urbane, allievi di Antonietta Mazzette, sociologa e direttrice del dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Sassari. Lunedì pomeriggio, nell’Aula Magna dell’Ateneo, l’elaborato (realizzato con la supervisione di Rosario Cecaro) è stato il punto di partenza di un confronto sugli spazi pubblici della città, in occasione della presentazione del volume “Pratiche sociali di città pubblica” (Laterza, 2013) curato da Antonietta Mazzette. Il testo è stato realizzato con i colleghi di sette università italiane e raccoglie i risultati di una ricerca nazionale finanziata dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca che ha riguardato alcuni spazi urbani di diverse città italiane: Torino, Milano, Genova, Bologna, Perugia, Bari, Sassari e Olbia, ferita dall’alluvione del 18 novembre scorso. Al dibattito, moderato da Giacomo Mameli, hanno partecipato alcuni degli autori del volume: Mario Boffi e Matteo Colleoni dell’Università Bicocca di Milano, Fabrizio Bottini del Politecnico di Milano, Roberto Segatori dell’Università di Perugia e Camillo Tidore dell’Università di Sassari.

«Il tema che il libro mette bene in rilievo è quello dell’equilibrio tra gli interessi pubblici e privati nella gestione degli spazi pubblici – ha detto il rettore Attilio Mastino che ha introdotto i lavori – ancora oggi esiste un rapporto tra gli spazi dove la gente si incontra e la condizione delle persone, il loro benessere.

C’è il tema profondo della sostenibilità verso il futuro di una città che deve essere sempre più vissuta dai giovani che ora però hanno anche altri strumenti di incontro e di condivisione, non soltanto quelli della piazza tradizionale, perché la città di oggi è caratterizzata da frammentazione e mobilità. Questo lavoro consente di riflettere su come il governo della città debba rispondere a queste nuove forme di socializzazione che si aprono nella città moderna».

Dove ci si incontra, dunque, nelle città di oggi, e quali sono gli spazi davvero pubblici, intesi come accessibili a tutti, moderne agorà che rischiano di essere minate dalla progressiva appropriazione da parte dei privati se le amministrazioni pubbliche latitano e lasciano fare. «Normalmente nelle città pubblico e privato sono mescolati, si parla di continuum – ha spiegato Antonietta Mazzette – in Italia però non c’è sensibilità e attenzione verso l’uso degli spazi pubblici che si sta privatizzando, in relazione all’accesso e alla libertà di espressione. Temi che invece in Canada e negli Stati Uniti hanno portato anche a grandi conflitti e a casi giudiziari». Un esempio è quello di un parco pubblico di New York che ha per anni ospitato attivisti politici e senzatetto, poi riqualificato e dato in parte in gestione a privati e multinazionali. Il risultato è stata l’espulsione degli homeless dalla vita del parco, perché non “funzionali” a quanto gli investitori intendevano fare.

«La questione che va dibattuta è questa – ha concluso Antonietta Mazzette – quando si parla di tendenza alla privatizzazione significa che il pubblico latita, aderisce alla logica privata, ed è soltanto il privato a dettare le regole del gioco. Questo processo ha riflessi molto concreti nell’uso della città. Viene a mancare la libertà di espressione e di accesso in alcuni spazi, con il rischio dell’esclusione di alcune categorie sociali, in particolare quelle più deboli».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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