La Nuova Sardegna

Le armi chimiche siriane a Gioia Tauro

di Piero Mannironi
Le armi chimiche siriane a Gioia Tauro

Ieri la comunicazione al Parlamento dei ministri Lupi e Bonino, pericolo scampato per Cagliari e La Maddalena

17 gennaio 2014
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SASSARI. Le parole dei ministri Maurizio Lupi ed Emma Bonino mettono fine a un periodo convulso di timori, sospetti e paurose suggestioni: l’arsenale chimico di Bashar al-Assad è destinato a Gioia Tauro. In Calabria. Dunque, niente Sardegna come invece molti elementi facevano pensare. La nave cargo norvegese Ark Futura non ormeggerà nel porto canale di Cagliari, come avevano denunciato il governatore Ugo Cappellacci e il presidente del Psd’Az Giacomo Sanna. E neppure a Santo Stefano, come una movimentazione di armi dal bunker di Guardia del Moro aveva fatto sospettare.

Dopo l’ufficializzazione della scelta del Governo cominciano adesso ad aprirsi le prime crepe in quel muro impenetrabile di segreto che aveva protetto il capitolo italiano dell’operazione di distruzione dell’arsenale chimico siriano. Prima di tutto sembra che la scelta di Gioia Tauro sia maturata solo negli ultimi giorni, dopo una lunga e attenta valutazione su una rosa ristretta di possibilità. Valutazioni degli standard di sicurezza, prima di tutto, ma anche ragioni di opportunità politica.

L’ipotesi Augusta, per esempio, avrebbe rischiato di far deflagare in Sicilia un clima sociale già deteriorato da fortissime tensioni legate alla costruzione della stazione di Niscemi del Muos (Mobile User Objective System). Si tratta di un sistema di comunicazioni satellitari (SATCOM) ad alta frequenza (Uhf)gestito dal dipartimento della Difesa americano, composto da quattro satelliti e quattro stazioni di terra. Contro questa struttura di guerra elettronica e di spionaggio globale è nato nella Sicilia meridionale un movimento molto combattivo che sta creando non pochi imbarazzi al governo italiano. Dopo le dichiarazioni del presidente della Regione Rosario Crocetta, sarebbe stato come gettare benzina sul fuoco.

Per l’esclusione di Brindisi, altro sito papabile, sarebbe stata invece determinante la vicinanza del porto alla città. Condizione ritenuta rischiosa dai tecnici dell’Opac, l’organizzazione internazionale che sta gestendo, sotto l’egida dell’Onu, la distruzione delle armi di Damasco.

A far entrare la Sardegna nella “centrifuga della paura”, erano state alcune dichiarazioni rilasciate dalla Difesa il 16 dicembre scorso: «Le armi siriane passeranno per un porto in Sicilia o in Sardegna». Lo stesso giorno la Farnesina aveva aggiunto: «Sarà un’installazione militare o comunque protetta».

Da allora, è stato un susseguirsi di indiscrezioni e di allarmi. Sicuramente enfatizzati dalla campagna elettorale per le regionali. Cagliari e Santo Stefano erano comunque i siti che, più di altri, rispondevano agli standard logistici e di sicurezza fissati dall’Opac.

Ora che il pericolo è passato, è cominciata la corsa alla rivendicazione politica del merito di aver scongiurato l’arrivo in Sardegna della nave cargo danese Ark Futura carica di veleni chimici. Primo fra tutti proprio Cappellacci che, dopo aver minacciato nei giorni scorsi azioni clamorose di protesta, ieri ha detto: «Abbiamo sventato quello che sarebbe stato un delitto contro la nostra isola». Tutto molto prevedibile. Ma al di là delle scontate strumentalizzazione di questa vicenda, è probabile che a “salvare” la Sardegna sia stata proprio la campagna elettorale in corso: troppo pericoloso innescare la bomba della rabbia in un momento politicamente così delicato in una regione ferita profondamente dalla crisi.

La scelta del porto e le fasi dell'operazione («la più importante operazione di disarmo degli ultimi dieci anni», l'ha definita il ministro degli Esteri Emma Bonino) sono stati spiegati ieri pomeriggio in un'audizione del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, di quello degli Esteri Emma Bonino e del direttore generale dell'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, il turco Ahmet Uzumcu, che ha ringraziato l’Italia «per il generoso contributo dato».

Gioia Tauro è stata scelta perché è «un'eccellenza italiana», un porto «specializzato in questo tipo di attività», ha detto Lupi, sottolineando poi che nel 2012-2013 lo scalo calabrese ha trattato 3.000 container di sostanze chimiche, pari a 60mila tonnellate, mentre quelle che arriveranno dalla Siria saranno solo 570 tonnellate in 60 container, «imballati e sigillati secondo standard internazionali di sicurezza».

I due ministri hanno poi ribadito che il carico di armi chimiche non toccherà suolo italiano: il trasbordo avverrà «da nave a nave» e senza bisogno di stoccare i container a terra. Sarà «un'operazione singola» che «non si ripeterà», ha assicurato Uzumcu. Nessuna sostanza tossica sarà gettata in mare, ha inoltre spiegato ai parlamentari: «Ispettori Opac saranno a bordo della nave americana Cape Ray per tutto il tempo delle operazioni di distruzione che dureranno due mesi».

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