La Nuova Sardegna

Barbagia Flores, il pm chiede 5 ergastoli

di Valeria Gianoglio
Barbagia Flores, il pm chiede 5 ergastoli

Il processo a Cagliari per i delitti legati a quello di Rosanna Fiori, l’imprenditrice uccisa nella sua azienda a Villagrande

10 gennaio 2014
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INVIATO A CAGLIARI. Alle 14.45 di ieri, dopo quattro ore di requisitoria parte seconda, cinque anni di indagini riaperte per i cinque omicidi legati al caso Barbagia Flores, 65mila atti spulciati e riletti insieme alla squadra mobile nuorese, e un’inchiesta che non sfigurerebbe in una fiction-tv tra sedicenti profetesse di sventura, latitanti, pentiti della Sacra Corona Unita e continui colpi di scena, il procuratore Domenico Fiordalisi agguanta il microfono e si alza in piedi. E alle sue spalle, l’aula gremita, i familiari di Rosanna Fiori, la schiera di avvocati, capiscono che è giunta l’ora delle richieste finali tanto attese. Che ci fosse qualche sorpresa, dopo due anni e mezzo di udienze sfiancanti, era nell’aria. Ma forse in pochi avrebbero scommesso sulla richiesta complessiva di cinque ergastoli e 36 anni di pena per i sette imputati ogliastrini, la stragrande maggioranza dei quali di Villagrande Strisaili.

Le attenuanti per il killer. E ancora meno, probabilmente, avrebbero previsto la mano più leggera proprio per il presunto killer di Rosanna Fiori, l’operaio di Villagrande Strisaili, Marco Serra, difeso dall’avvocato Giorgio Murino. «Chiedo 26 anni per Serra – spiega Fiordalisi alla corte presieduta da Claudio Gatti – con le attenuanti generiche, per quel suo parziale e seppur tardivo pentimento. Ha capito solo in seguito cosa aveva fatto. Lo ha fatto per fare un piacere a Daniela Depau. Ma alla fine ha dimostrato una seppur parziale resipiscenza».

«Assolvetelo da un omicidio». Ma i piccoli colpi di scena, nelle richieste finali dell’ex procuratore di Lanusei, non si fermano lì. Tra le conclusioni inaspettate, infatti, c’è anche la richiesta di assolvere l’operaio di Villagrande, Alberto Depau, dall’accusa di aver commesso uno dei tre omicidi che gli erano stati attribuiti inizialmente: quello di Ferdinando Buttau, ucciso il 29 agosto del 2005 perché secondo l’accusa stava indagando sulla morte del fratello Mario e della cognata Maria Antonietta Liscia. Ammazzati a loro volta due anni prima proprio perché erano risaliti ai nomi degli autori del delitto di Rosanna Fiori e ne stavano parlando in paese. Per questi ultimi due omicidi, tuttavia, secondo Fiordalisi, «resta provata la penale responsabilità di Depau Alberto». E tra gli altri dati, resta provata, per il procuratore, da alcune intercettazioni ambientali, dai suoi strettissimi legami con l’ambiente criminale ogliastrino, dalla sua partecipazione a «un summit criminale convocato la notte prima dell’omicidio nel bosco di Santa Barbara».

«Un unico filo per 5 delitti. Ma è l’omicidio di Rosanna Fiori, in realtà, a occupare la parte regina, nella requisitoria dell’ex procuratore di Lanusei e attuale procuratore di Tempio. È il ritratto dei due presunti mandanti di quel delitto, l’ex operaia della Barbagia Flores, Daniela Depau, e il suo convivente nonché contabile dell’azienda, Flaviano Stochino, – entrambi difesi dall’avvocato Riccardo Floris – a occupare il cuore della requisitoria del magistrato calabrese. Sono loro ed è quel delitto che lega a sè, «come in un unico filo rosso sangue», tutti gli altri delitti. Il movente principale, Fiordalisi lo ripete più volte: «Daniela Depau e Flaviano Stochino volevano impossessarsi dell’azienda. Grazie a un’altra dipendente, Maria Annina Serra, e ad altri dipendenti dell’azienda avevano cercato di spaventare l’imprenditrice e di allontanarla dalla Barbagia Flores».

«Un’azienda all’avanguardia». Fiordalisi li ripercorre uno ad uno, gli elementi di prova che lo hanno portato a sostenere il processo: intercettazioni, prove scientifiche di depistaggi e di una messinscena creata ad arte per allontanare i sospetti dai mandanti, lettere cariche di odio nei confronti della Fiori, riscontri incrociati. Sullo sfondo di tutto, Fiordalisi lo ricorda, c’è la storia di un’azienda che gli esperti avevano definito «all’avanguardia in Europa». «Un’azienda che avrebbe potuto dare lavoro a tanti, in Sardegna – aggiunge, nelle sue conclusioni, il procuratore – e che invece ora è un rottame sotto gli occhi di chi passa sulla strada 389. E lo è per colpa degli attuali imputati». Il 30 gennaio parleranno le parti civili.

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