La Nuova Sardegna

«Pietro ritorna, Dio ti ha perdonato»

di Bernardo Asproni
«Pietro ritorna, Dio ti ha perdonato»

Ai funerali di Franco Basile, i toccanti appelli della zia e del vescovo al giovane che ha ucciso il padre: è ancora latitante

04 gennaio 2014
3 MINUTI DI LETTURA





BITTI. Un bagno di folla ha accompagnato, nel suo ultimo viaggio, Franco Basile, l’operaio di 41 anni, ucciso il giorno di Capodanno dal figlio Pietro di 19, di cui si sono perse le tracce. Bitti ieri si è fermata. La comunità, ancora incredula per un delitto assurdo, per molti evitabile, si è stretta attorno ai parenti. E tantissima gente venuta da fuori, dai centri limitrofi, in particolare da Orune, paese di origine del padre dell’uomo assassinato. La chiesa era piena, le bancate tutte occupate. Amici personali e di famiglia. Molti non hanno potuto assistere al rito religioso, officiato dal vescovo Mosè Marcia, che ha concelebrato col parroco don Mario Mula e il vice don Alessandro Muggianu. Silenzio assoluto, ogni tanto interrotto dai singhiozzi dei familiari della vittima. Il pensiero di tutti rivolto a Pietro, il figlio ancora in fuga.

Toccanti gli appelli a costituirsi, rivolti al ragazzo durante il rito funebre dal vescovo Marcia e dalla zia Elena, sorella di Franco: quest’ultimo il più commovente. «Pietro ritorna, farlo per nonna e nonno, ti ha perdonato Dio, ti ha perdonato tuo padre, ti ha perdonato la comunità, Pietro ritorna»: parole cadenzate, ma ferme, intrise di lacrime, quelle di Elena, che ha esclamato «Dio dov’eri in quel momento» per poi aggiungere «non giustifico mio fratello, perché era malato», alludendo evidentemente al carattere non docile di Franco. Sono le parole di una donna schiacciata dalla duplice sventura familiare, un messaggio di speranza e amore.

Il messaggio di Elena fa eco alle parole di monsignor Marcia che nella sua lunga e profonda omelia, ha spaziato a tutto campo sul concetto dell’amore che deve condizionare le scelte umane. Rivolto a Pietro ha esclamato: «Forse tuo padre ti ha dato da pensare che non ti amava, ma Dio ti ama. Magari il giorno eri distratto». Poi ha ricordato il giorno in cui gli aveva impartito il sacramento della cresima, alcuni anni fa, nella cattedrale di Nuoro: «Ti dicevo che lo Spirito Santo contempla sette doni, tra i quali quello della fortezza». E, con tono imperioso, «per perdonare ci vuole coraggio. Sii forte. Prendi in mano le tue responsabilità. Non scappare. Non perdere la tua dignità di uomo. Sarà bello sentirti amato, perdonato». Poi ha volta pagina: «Pietro non può essere il capro espiatorio, non dobbiamo addossare a lui tutta la responsabilità dell’accaduto». Ed ecco il conseguente messaggio forte rivolto a tutte le famiglie: «Abbiamo troppe armi nelle nostre case». Si è chiesto a cosa servono, sottolineando che averle in casa significa usarle e non averle, invece, significa usare altre armi quale il dialogo e il sereno confronto. E giù ancora più duro mettendo, decisamente, il dito sulla piaga: «Ci sono troppe armi. Questa è responsabilità nostra. Non ci servono». Poi la seconda riflessione del vescovo, sulla capacità di dialogo e di amore, sul concetto di famiglia, sulla sua frequente assenza.

Poi la fiumana di gente si è avviata lungo il Corso Vittorio Veneto e via Deffenu sino al cimitero per l’ultimo saluto a Franco e la stretta di mano ai familiari, ancora sotto choc dopo l’accaduto. Tra i fedeli un unico pensiero: che Pietro ascolti gli appelli dei parenti, del sindaco e del vescovo e metta al più presto fine alla sua fuga.

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative