La Nuova Sardegna

Tutti i canali di Olbia sono sotto sequestro

di Giampiero Cocco
Tutti i canali di Olbia sono sotto sequestro

La Procura impedisce qualsiasi opera che disturbi le ispezioni dei periti Rinviata la demolizione del ponte tombato. Riaperta parzialmente la Sp 38

12 dicembre 2013
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TEMPIO. Inesorabilmente, giorno dopo giorno, le indagini avviate dalla Procura della Repubblica di Tempio sull’alluvione del 18 novembre salgono di livello. Ieri è stato disposto il sequestro dei canali tombati di Olbia: rio Gaddhuresu nel tratto che va da via Piemonte a Via Caravaggio, rio Siligheddu, nel tratto chiuso e in parte demolito dalla piena, di Via Vittorio Veneto. L’operazione, ordinata dal sostituto procuratore della Repubblica Riccardo Rossi, si estende anche agli altri canali della città: dal Rio San Nicola al Canale Zozzò, in attesa del completamento delle ispezioni dei consulenti tecnici, gli esperti in ingegneria idraulica incaricati dalla Procura per stabilire la potenziale portata di ogni corso d’acqua che raccoglieva le piogge per poi arrivare al mare.

Lo stop ai lavori. Le due foci si trovano in via Redipuglia e nel tratto finale del ponte di Ferro, dopo il crocevia di via Galvani. I due canali che più di ogni altro sono sotto la lente d’ingrandimento dell’inquirente restano però rio Gaddhuresu, dov’è stato “sepolto” un vecchio ponte a tre arcate, e il gemello realizzato a monte, nel tratto finale di Via Vittorio Veneto crollato, con buona parte della carreggiata, sotto la forza del torrente in tumultuosa piena. Due opere pubbliche completate intorno al 2005 con l’allargamento dell’alveo del rio Siligheddu, e la strozzatura del ponte Anas sulla statale127, le cui esondazioni sono responsabili dell’allagamento di buona parte dei quartieri devastati. Il sequestro è stato disposto per evitare che i lavori di sbancamento previsti nei giorni scorsi dall’amministrazione comunale dopo la “scoperta” del ponte tombato sotto la rotatoria di via Vittorio Veneto-via Redipuglia, possano inficiare le eventuali prove di nesso di casualità tra l’evento naturale e le responsabilità sul disastro che ha portato lutti in città.I lavori di messa in sicurezza disposti dal Comune subiranno quindi uno stop (fatta salva la ripulitura dei canali e dei sottopassi dai detriti che ne ostruiscono l’alveo) così come sarà rinviata la demolizione del manufatto tombato già previsto dall’amministrazione comunale. Sul fronte della viabilità la Procura ha richiesto e ottenuto dal gip Marco Contu il dissequestro - limitatamente alla viabilità locale - di parte della strada provinciale 38 Olbia Tempio, escluso il tratto in cui il terrapieno di Santa Lucia ha ceduto. È in questa voragine che hanno perso la vita tre persone di Tempio.

Gli interrogatori. Nelle prossime ore l’inquirente, Riccardo Rossi, assistito dal suo pool di ufficiali di polizia giudiziaria, riprenderà gli interrogatori delle persone informate sui fatti sentendo i responsabili regionali, provinciali e comunali della Protezione civile convocati nella direzione marittima di Olbia, una delle due “basi operative” (con la caserma dei carabieri) dei magistrati inquirenti a Olbia. Il capo della Procura, Domenico Fiordalisi, ha già sul suo tavolo i rapporti informativi e le testimonianze raccolte sugli eventi che sono stati causa di morte in città e nell’immediata periferia.

Il magistrato infatti sta esaminando i fascicoli che riguardano la fine di Anna Ragnedda, 83 anni, originaria di Arzachena, affogata nella sua abitazione di Via Lazio; di Francesco Mazzoccu, 37 anni, e del figlioletto di 3 anni Enrico, morti a Raica, una campagna a pochi chilometri da centro abitato; di Patrizia Corona, 42 anni e della figlioletta di due anni Morgana Giagoni, travolte e uccise dalla piena in via Cina, e di Maria Massa, 88 anni, morta nella sua casa di via Romania. Delle tre vittime di Tempio e della famiglia di italo brasiliani (padre, madre e due figli) rimasta intrappolata in uno scantinato nelle campagne di Arzachena, si sta invece occupando il titolare delle tre inchiesta, il sostituto procuratore della Repubblica Riccardo Rossi.

Un’inchiesta difficile. In questo caso sono già stati individuati la proprietaria della villetta, un’imprenditrice della Val D’Aosta, e l’impresa che realizzò, a metà degli anni Novanta, il terrapieno crollato a Monte Pinu, l’impresa “Alessandro Rossi Spa” di Roma (che porta il nome del vecchio titolare, deceduto lo scorso anno), di cui è amministratore delegato il fratello Claudio, uno dei primi iscritti sul registro degli indagati.Data la mole dell’inchiesta, il pm Riccardo Rossi ha sottolineato: «Il caso è complesso, quindi ci vorrà tempo per stabilire, con prove certe, se esistano responsabilità da parte di terzi».

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