La Nuova Sardegna

La Chiesa: «Cannavera non ci rappresenta»

di Mario Girau
La Chiesa: «Cannavera non ci rappresenta»

Per la diocesi di Cagliari il sacerdote può andare avanti con la sua associazione, ma a titolo personale

08 dicembre 2013
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CAGLIARI. Don Ettore Cannavera in ambito politico può fare tutto quello che gli pare e piace, ma in questa sua attività non rappresenta la Chiesa di Cagliari. La diocesi, con un redazionale pubblicato nel sito internet ufficiale e nel settimanale diocesano “il Portico”, prende totalmente le distanze dalle iniziative del fondatore della comunità La Collina.

La nota inizia con un riconoscimento: il movimentismo di don Cannavera non mira a dar vita a un nuovo schieramento partitico, ma a «contribuire alla politica in senso ampio, approfondendo le tematiche legate alle cinque parole chiave che danno il nome all'associazione - “Terra di pace, istruzione, lavoro e solidarietà” tra le quali manca però la parola famiglia - e svolgendo un'azione di stimolo rispetto a quella dei partiti». Quindi nessun tentativo di mettere il bavaglio a don Ettore né di costellare di veti questa sua iniziativa, ma un chiaro “avviso ai naviganti”: a quelli che guardano dall'esterno, agli elettori del centrodestra e soprattutto del centrosinistra. La Chiesa di Cagliari non c'entra niente con questo «dibattito vivace frutto di un quadro politico più che mai frammentato all'interno dei diversi schieramenti che si preparano alla scadenza elettorale delle prossime regionali». L'arcivescovo e i suoi collaboratori sanno bene che «quando si entra nel campo politico gesti e parole di chiunque possono essere interpretati al di là delle loro reali intenzioni». Un rischio che riguarda – basta leggere i giornali e sentire le reazioni – anche l'iniziativa di Cannavera. Scrive “il Portico”, il settimanale da due settimane diretto da Roberto Piredda: «Le istanze senza dubbio importanti portate avanti come ad esempio gli appelli alla legalità, alla visione della politica come servizio alla comunità e non come mero esercizio del potere, per richiamarne solo alcune, non sono certamente da trascurare». Tuttavia il fatto che la rappresentanza del movimento sia di un sacerdote, con le ripercussioni mediatiche che l'accompagnano, «per alcuni fa pensare ad un impegno sostanzialmente diretto della Chiesa in campo politico». E questo, soprattutto questo, per la diocesi di Cagliari non va bene. Quindi un consiglio indiretto a don Cannavera: questo protagonismo in politica è meglio lasciarlo ai laici. Fare politica in modo attivo «è proprio e peculiare dei laici», dice la nota ufficiale della diocesi sulle orme del Concilio Vaticano II. Ancora più chiaramente si esprime in tal senso Giovanni Paolo II : «Il compito immediato di operare per un giusto ordine nella società è proprio dei fedeli laici».

Se don Cannavera si fosse limitato a sensibilizzare cittadini e politici di professione ai temi generali dell'etica, della responsabilità, del senso del dovere, della giustizia, nessun problema, ma farsi mediatore fra gruppi e correnti alla ricerca del candidato ideale, questo no. Non è nelle intenzioni di don Ettore, ma il suo intervento è da molti interpretatato come un'invasione clericale impropria e fuori luogo.

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