La Nuova Sardegna

Boxer da mare, tanga e scarpe tacco 12 agli alluvionati - FOTO

di Alessandro Pirina
Boxer da mare, tanga e scarpe tacco 12 agli alluvionati - FOTO

Olbia, non tutti gli oggetti donati per aiutare le famiglie sfollate si sono rivelati indispensabili

05 dicembre 2013
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OLBIA. La solidarietà è stata l’altra faccia della tragedia che il 18 novembre ha sconvolto la Sardegna, il solo aspetto positivo del dramma che ha messo in ginocchio l’isola. Il momento, è vero, lo imponeva, ma la catena umana che si è formata attorno alle migliaia di persone che in poche ore hanno visto la loro quotidianità cancellata dalla furia dell’acqua e del fango è andata oltre ogni più rosea immaginazione. Ma non sono mancati i “benefattori” che hanno approfittato del momento tragico per svuotare gli armadi di cose inutili, vestiti immettibili e deteriorati.

Nei centri raccolta sono arrivati materassi sfondati e coperte sporche, magliette bucate e biancheria usata. Ma c’è anche chi, dimenticandosi di essere a novembre, ha pensato di fare a meno di infradito, gonnelline e boxer da mare. O chi ha ritenuto che un tacco 12 fosse la scarpa migliore per attraversare le strade invase dal fango o che un centrino da tavola fosse la prima necessità per chi poche ore prima aveva visto tutti i suoi mobili distrutti dalla furia dell’acqua. Ma l’elenco delle donazioni poco caritatevoli prosegue con un sexy tanga natalizio coi pon pon e un reggiseno push-up di colore rosso fuoco, un baby doll extralarge e una serie di bermuda a quadri, un bustone di bretelle e uno di cravatte. Addirittura c’è stato anche qualche uomo di buon cuore che ha voluto rinunciare al suo vestito di Carnevale.

Nei centri raccolta non volevano credere ai loro occhi quando dalle buste sono spuntati fuori un costume da dalmata e uno da fragola. Donazioni prive di senso che almeno hanno restituito il sorriso, anche se per un solo momento, ai volontari, super impegnati a scaricare, smistare e distribuire beni di ogni genere. Perché la solidarietà, quella vera, quella che animato fin da subito l’Olbia del dopo alluvione, non lasciava neanche il tempo di respirare. Un esercito in stivali di gomma ha invaso le vie alluvionate per aiutare amici, parenti, vicini, anche anonimi cittadini a liberare le case sommerse dalla melma fangosa. Immediata è scattata anche la gara di solidarietà per rifornire gli sfollati dei beni andati persi nell’alluvione.

L’intera Olbia, ma non solo, si è data da fare per dare un tetto o un pasto caldo a chi ne era rimasto sprovvisto. E subito, già all’indomani della tragedia, in tutta la città sono nati centri raccolta, istituzionali o spontanei, per rifare il guardaroba, almeno per il periodo di emergenza, delle vittime del ciclone. In via Canova, nelle chiese della Sacra famiglia e di Sant’Antonio, nelle sedi Auser e Confcommercio, nei capannoni industriali trasformati in case di solidarietà era un continuo via vai di auto, furgoni e camion carichi di beni di ogni tipo. Non solo abiti difficili da indossare, ma anche tanti capi di abbigliamento indispensabili per chi nell’alluvione ha perso tutto.

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