La Nuova Sardegna

Acqua per tutti e i ricchi pagano di più

di Silvia Sanna
Acqua per tutti e i ricchi pagano di più

Il disegno di legge del governo prevede una tariffa sociale per i meno abbienti. Reazioni nell’isola: prevale lo scetticismo

17 novembre 2013
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SASSARI. La tariffa dell’acqua la decide il reddito. Chi è più ricco più paga. E chi non può pagare, ha comunque il diritto a usufruire della quantità d’acqua minima per sopravvivere. Sono queste, tariffa sociale e pagamento in base al reddito, le due novità introdotte dal disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri e collegato alla legge di stabilità. Si parte da un principio di equità, dall’acqua come bene primario e universale. Tutti d’accordo su questo aspetto, ma tanti dubbi sull’applicabilità: ancora di più in una realtà, come quella sarda, dove la gestione del servizio idrico da parte di Abbanoa è segnata dalle polemiche. La paura è che l’iniziativa, lodevole, faccia il gioco dei più furbi. Non solo, c’è anche chi parla di “intenti giusti e strumenti sbagliati”.

Abbanoa. Il direttore generale Sandro Murtas è cauto. «Insieme ai responsabili delle altre società di gestione del servizio idrico aspettiamo di conoscere il disegno di legge nei dettagli prima di esprimere una valutazione». Per ora, il dg rivela i primi aspetti positivi del provvedimento: «È sacrosanto prevedere un fondo di garanzia destinato agli interventi sulle infrastrutture. Senza quello è impensabile garantire tariffe sociali alla fasce meno abbienti, alle quali noi veniamo già incontro con tariffe basse e la possibilità di pagamenti rateizzati. È evidente però che va individuata una strategia per risolvere il problema delle morosità, in aumento non solo in Sardegna ma in tutto il Centro-Sud Italia». Stando bene attenti, però, affinché il cambiamento di sistema – pagamento in base al reddito – non modifichi l’approccio mentale nei confronti dell’acqua, bene primario ma non inesauribile. «Sinora la certezza è stata “meno consumo meno pago”, concetto che ha aiutato a limitare gli sprechi – dice Sandro Murtas –. Se i costi diminuiscono o aumentano in base al reddito e il consumo effettivo non è più decisivo nel calcolo degli importi, preservare il bene potrebbe non essere più una priorità. E sarebbe un danno gravissimo, un passo indietro clamoroso».

«Via l’idromostro». Lo ripete da anni: il servizio idrico in Sardegna non sarà mai efficiente sino a quando ci sarà l’idromostro Abbanoa, unica società di gestione in un unico ambito «che non è di certo quello ottimale». Roberto Deriu, presidente dell’Ups (Unione province sarde), riparte da questo punto. Dice che il decreto legge «è ispirato da un principio di equità nobile e condivisibile», ma deve essere calato in maniera diversa nelle differenti realtà territoriali. «Nella nostra isola paghiamo una tassa superiore a causa delle dimensioni dell’ambito unico, non ottimale. Il costo aggiuntivo non si traduce in tariffa ma in un debito che prima o poi dovrà essere saldato: ora la cifra ha già raggiunto il miliardo». C’è poi un altro aspetto da non sottovalutare: «Come si fa a contrastare gli effetti dell’evasione fiscale? Come evitare che i lavoratori dipendenti non siano penalizzati rispetto ai liberi professionisti? Il rischio – aggiunge Deriu – è che le tariffe stabilite in base al reddito diano vita a un sistema iniquo».

Le critiche di Adiconsum. Giorgio Vargiu, presidente regionale di Adiconsum, è molto scettico: «Si decide di fare una cosa buona a spese degli altri». E spiega: «La solidarietà è un bene prezioso, è giusto quotarsi per aiutare chi è in difficoltà, purtroppo però ci sono molti furbi». Vargiu si riferisce agli evasori fiscali, a quelli che barano nella dichiarazione dei redditi. E aggiunge: «La soluzione è un’altra, ed è stata stabilita nel referendum popolare del giugno 2011. In quell’occasione la popolazione ha deciso di levare l’aggio del 7% alle società di gestione del servizio e utilizzare quei soldi per andare incontro a chi non può pagare le bollette dell’acqua. La volontà popolare non è stata ancora rispettata: oggi si insegue lo stesso obiettivo ma con strumenti sbagliati».

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