La Nuova Sardegna

I dollari della Cia e il golpe di De Lorenzo

I dollari della Cia e il golpe di De Lorenzo

La base era centrale nel colpo di stato ordito dall’ex capo del Sifar. Anche Moro tra gli “enucleandi”

04 novembre 2013
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SASSARI. I terreni di Poglina furono acquistati nel 1954 da una società, la Torre Marina srl, fondata da tre privati cittadini che nell'atto costitutivo si dichiararono "benestanti". Si trattava di Ettore Musco, Antonio Lanfaloni e Felice Santini. La ragione sociale della Torre Marina era «l'acquisto, la vendita, la gestione, l'amministrazione e la locazione di immobili rustici e urbani dovunque siti». L'indirizzo della società, via XX settembre 8, era lo stesso del servizio segreto militare. E i tre "benestanti" altro non erano che il capo del Sifar, il capo del Sios Esercito e un dirigente dell'ufficio amministrativo dei servizi segreti militari. Qualche mese dopo, la società fece il suo primo e unico acquisto: un terreno dieci chilometri a sud di Alghero. La spesa fu di 2.050.412 lire. Il 5 gennaio del 1956 i tre "benestanti" vendettero le loro quote ai signori Giovanni De Lorenzo, Giulio Fettarappa Sandri e Luigi Tagliamonte. Cioè i vertici della nostra intelligence.

I lavori di costruzione della base cominciarono nel 1963. I finanziamenti erano pronti da 10 anni. La Cia aveva infatti passato a Musco ben 300 milioni di lire (corrispondenti a 4 milioni di oggi) per costruire la base segreta di Gladio. Gli americani erano molto impazienti: già dal 1956 avevano inviato a De Lorenzo una nota con la quale gli intimavano di rispettare il piano Demagnetize (smagnetizzare).

Secondo un documento dello stato maggiore Usa desegretato, il piano era costituito da una serie di “operazioni politiche, paramilitari e psicologiche, finalizzate a ridurre la presenza del Partito comunista in Italia”. Musco, l'uomo che cominciò "l'operazione Poglina", si era distinto nel tentativo di evitare l'arresto del generale Sorice, ordinato dal maresciallo d'Italia, Messe». Secondo il documento della Cia 86500/12-1146, Sorice, che era stato ministro della Guerra di Badoglio, era il capo dell'Ail (l'Armata italiana della libertà). Musco fu l'anima di questa organizzazione segreta nata in funzione anticomunista, sul cui scheletro fu poi costruita Gladio. Così la definì l'ex ministro dell'Interno Mario Scelba: «...una struttura capace di far fronte a un tentativo di insurrezione comunista...».

E a chiarire ancora meglio cosa fosse l'Ail, fu l'agente americano massone Frank Gigliotti in un documento della Cia, protocollato con il numero 86500/3-1047: «La struttura è sostenuta economicamente e militarmente dai nostri servizi segreti». Poglina nacque quindi per volontà e grazie ai finanziamenti degli Stati Uniti. E la base era indubbiamente la discriminante dell'affidabilità per gli Usa. Ne erano infatti a conoscenza solo coloro che facevano parte di quel ristretto partito filoamericano, per accedere al quale solo la Cia rilasciava il nullaosta di “massima segretezza”. C’è perfino un filo che lega la base di Poglina al progetto di golpe ordito dal generale De Lorenzo. La base dei gladiatori compare infatti in alcuni documenti che la indicano come possibile lager di 731 "enucleandi". Ovvero di quei politici, sindacalisti, giornalisti e uomini di cultura classificati dai servizi segreti "sovversivi". Dopo gli interrogatori a Poglina, sarebbero dovuti finire nel carcere ottocentesco di Castiadas.

Nel 1964 in Italia si stava materializzando la possibilità della formazione di un governo di centrosinistra guidato da Pietro Nenni. Un'eventualità alla quale gli Usa si opponevano esplicitamente. Il colpo di stato venne chiamato in codice da De Lorenzo "Piano Solo", perché avrebbe dovuto essere attuato "solo dai carabinieri". Tra i politici da rapire e imprigionare anche l'ex presidente della Dc Aldo Moro, che Henry Kissinger definiva con disprezzo «l'Allende italiano». Poi il golpe fortunatamente abortì. De Lorenzo non era certo il generale da operetta che si è cercato di far credere. Gli Usa infatti erano al corrente dei suoi piani. Se erano suoi. E poi, come poteva il comandante generale dei carabinieri utilizzare una base che era sotto il controllo diretto della Cia? (p.m.)

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