La Nuova Sardegna

«Salvare la bellezza vuol dire tutelare la felicità di tutti»

di Paolo Curreli
«Salvare la bellezza vuol dire tutelare la felicità di tutti»

Tomaso Montanari, blogger, scrittore e studioso: «La cultura non è merce, ma la nostra identità»

03 novembre 2013
4 MINUTI DI LETTURA





In questi giorni sono state consegnate alla camera dei deputati le 15mila firme raccolte per il ripristino della storia dell’arte nelle scuole superiori, materia ridimensionata ed abolita dalla riforma Gelmini.Lo storico dell’arte Tomaso Montanari ha pubblicato diversi libri ed interviene come blogger sulla difesa del nostro patrimonio artistico.

Cosa ha prodotto l’abolizione della storia dell’arte?

«Il pregiudizio comune contro le materie umanistiche, che sostiene che serve solo quello che è direttamente finalizzato a produrre immediatamente soldi, con una miopia che impedisce di vedere il lungo periodo. Oggi ci si chiede a cosa serve Dante o Michelangelo. Sono invece discipline di senso, servono a generare idee che non si comprano e non si vendono, un rapporto più civile e ricco con la storia condivisa. Aiutano a produrre soldi perché l'innalzamento della cultura crea sempre ricchezza. Obiettivamente c'è stato lassismo, abbiamo avuto troppi iscritti a lettere perché si è trasmessa l'idea che fosse una strada più semplice di altre».

Quando si sono affermate queste idee?

«Un processo lungo, il momento radicale dove questa idea pericolosa si è concretizzata sono stati gli anni '80, il periodo craxiano del neo liberismo. De Michelis all'epoca aveva teorizzato che il patrimonio si mantiene se genera reddito creando l’immagine dei beni culturali come giacimento petrolifero. La metafora è molto rivelatrice, noi non abbiamo bisogno di umanisti ma di scavatori e petrolieri, abbiamo bisogno di albergatori e camerieri, non di storici. Nelle grandi città d'arte immaginano un futuro così. La metafora del petrolio oscura e sotterranea è un'immagine freudiana, dove il patrimonio non studiato e catalogato è nascosto agli stessi abitanti, anche nelle classi più colte si fa coincidere la conoscenza con la partecipazione alla mostra degli impressionisti e non alla visita alla chiesa sotto casa, dove non si entra mai, che conserva magari, opere di qualità inferiore, ma estremamente più importanti per la nostra storia.

La metafora del petrolio adombra anche l'idea che per creare energia si debba bruciare, consumare qualcosa. Creando inquinamento. In questo modo si usurano i capolavori simbolo e si crea inquinamento morale e culturale. Non si genera cultura e quindi democrazia, conoscenza e senso critico. Mi viene in mente il terzo mondo, paesi poveri di democrazia ma ricchi di materie prime, beni comuni dati in concessione ai privati che si arricchiscono in barba alla collettività. Così il patrimonio artistico che è di tutti viene dato in concessione all'industria privata delle mostre. Pochi grandi come Civita, Electa, ecc…, che ci fanno molti soldi privati e non pubblici, non creando posti di lavori dignitosi ma una generazioni di precari. Da questo punto di vista, a saperla leggere, la pessima metafora del petrolio rende molto bene l'idea».

I privati avrebbero dovuto far funzionare tutto meglio, non è andata così?

«E anche questa cosa ha un nome e cognome, perché è stato il ministro Ronchey, che peraltro ha fatto anche della cose ottime, che ha consegnato a i privati quelli che si chiamano “servizi aggiuntivi”. Cioè i ristoranti e i book shop, con scarso successo, visto la qualità scadente generale, ma anche l'organizzazione di mostre. Le mostre sono uno strumento che ha avuto precedenti illustri – basta ricordare la mostra su Caravaggio curata da Longhi nel ’50 – . L’incontro virtuoso tra ricerca e divulgazione, è stato trasformato in servizio aggiuntivo. Io non sono pregiudizialmente contro i privati ma da noi si sono avventati come cavallette creando eventi inflazionati e assolutamente inutili. L'esperienza di crescita, consapevolezza sul patrimonio, si è persa nella ricerca del profitto, privilegiando eventi block buster. Sigillo finale quando si affidò al manager di Mc Donalds la direzione generale per la valorizzazione al ministero dei beni culturali, ministero dove non esiste un dipartimento per l'educazione».

L’idea del “consumo” per “valorizzare” è comune anche al patrimonio naturalistico...

«Non per caso nella nostra costituzione le due cose sono fuse insieme nell'articolo 9 che "Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico" prendendo atto della nostra storia. Riconoscendo la funzione democratica del patrimonio come bene comune li mette insieme perché vanno tutelati dagli stessi pericoli. Quando si parla di tutela si pensa alle cose, una costa o una statua, in realtà è la tutela dei diritti della persona di cui si parla “uno stato di completo benessere fisico e mentale ...”. Il ministero dei beni culturali è un ministero dei diritti come quello della salute, non della polvere».

Come si pongono le nuove figure introdotte nella gestione dei beni culturali?

«È stato un grave errore pensare di creare queste figure, come se i beni culturali fossero una categoria intellettuale. L’università non deve preparare figure amministrative, è dissennato pensare che una sola persona possa gestire una biblioteca o una scavo archeologico, dove deve esistere una preparazione specifica. È stata una truffa, un diciottene ha bisogno di studiare i fondamentali, la storia, il latino ecc... Solo come integrazione finale si può pensare a una formazione del genere. Si privilegia di nuovo la “valorizzazione” invece che la scienza e la ricerca».

Come salvarci e salvare l’arte?

«Bisogna tenere ben presente che la cultura, la storia dell'arte servono a costruire il nostro futuro non a rivangare il passato. Siamo italiani per diritto di suolo non di sangue, ci siamo fortunatamente mescolati nel corso della nostra storia. Quello che ci identifica è il nostro patrimonio, la sua conoscenza è un enorme occasione di integrazione per le persone che sbarcano a Lampedusa e che saranno i nuovi italiani attraverso la comprensione della nostra storia».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

In Primo Piano
Verso il voto

Gianfranco Ganau: sosterrò la candidatura di Giuseppe Mascia a sindaco di Sassari

Le nostre iniziative