La Nuova Sardegna

Il nuovo romanzo di Marcello Fois

di Alessandro Marongiu
Il nuovo romanzo di Marcello Fois

Due gemelle lasciate dal padre quando hanno otto anni. Cinquantenni, inseguono invano il senso delle loro esistenze

15 ottobre 2013
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Era il luglio del 1831 quando, tra Sciacca e Pantelleria, le scosse di terremoto che agitavano le acque siciliane, tanto forti da farsi sentire fino a Palermo, portarono all’emersione di un isolotto, da allora noto come Isola Ferdinandea, che scomparve di lì a poco non prima di aver suscitato forti dispute territoriali e l’interesse delle grandi potenze europee, che in quei pochi chilometri quadrati nel mezzo del Mediterraneo vedevano un favorevole punto d’appoggio per i loro traffici. Una storia piccola e che esaurì in breve la sua portata, questa, ma che ha attraversato i decenni e affascinato tanti: e tra questi c’è Ernesto Cappello, che l’ha letta nel “Breve ragguaglio al novello vulcano apparso nel mare di Sciacca” scritto per conto dei Borboni dal fisico Domenica Scinà all’epoca degli eventi. Una cosa in particolare l’ha colpito, e la racconta mentre si rade allo specchio alle sue figlie gemelle, Marinella e Alessandra: «Dove prima c’era solo la distesa orizzontale dell’acqua ora campeggiava la terra emersa. Un’isola costituita da due monti identici, come i due seni appuntiti di un’enorme sirena che nuotasse sul dorso…».

Le bambine ancora non possono capire di cosa il padre stia realmente parlando: perché la verità è che per Ernesto le due cime che da un giorno all’altro si fecero ammirare nel mare siciliano, uguali e unite nell’origine ma comunque indipendenti, sono proprio loro. E ora che lui è morto, quarant’anni dopo averle abbandonate semplicemente perché non gli interessava essere genitore, le sorelle varcano la soglia della sua casa – la casa in cui vissero come una vera famiglia per i primi otto anni di vita. Per Marinella e Alessandra, quelle quattro mura rappresentano il luogo comune dell’infanzia.

Inizia così il nuovo romanzo di Marcello Fois L’importanza dei luoghi comuni (Einaudi, 139 pagine, 12,50 euro), con le due protagoniste che entrano nell’appartamento con un misto di dolore, indolenza, curiosità, livore. È un posto di ricordi per entrambe, quello, anche se ognuna conserva una sua versione dei fatti passati; è lì che, nate identiche, sono cambiate irrimediabilmente, a stento soffrendosi nella quotidianità, ed è lì che potrebbero riscoprirsi vicine.

«Sto studiando una teoria di Fisica, che ha a che fare con la necessità di trovare un punto in comune. Una teoria generale del Tutto. Dice che esiste un punto in cui anche le ipotesi totalmente antagoniste coincidono. Un unico punto certo difficile da trovare, ma che vale la pena cercare… Ecco, io penso che adesso riuscire a combinare il nostro personale livore con la morte di quest’uomo che è stato nostro padre sia difficile come trovare un punto in comune tra la meccanica quantistica e la relatività generale…», butta lì Marinella, l’incompiuta che non ha saputo costruire niente di stabile nella sua esistenza. Alle proteste di Alessandra, che ha invece cercato e trovato il primato e la perfezione in tutto, almeno all’apparenza, l’altra prosegue: «Questa casa forse per noi ha rappresentato quel punto… Siamo qui, capisci? E magari sarà l’ultima occasione che abbiamo per essere del tutto sincere l’una con l’altra».

Magari. O forse no. Perché alla storia dell’Isola Ferdinandea – ma loro ancora una volta non lo sanno, neanche adesso che hanno quasi cinquant’anni –, Ernesto ha affidato anche una premonizione: e come quel lembo di terra emerse tra bolle e lapilli per poi sprofondare in un niente, riportando le cose a tali e quali erano prima della sua comparsa, così sarà per la tensione e l’anelito alla sincerità tra le sue due figlie, per le quali sarà più facile (o comodo) far calmare le acque, pur con qualche concessione reciproca.

Fois costruisce un vero e proprio dramma da camera, gestendo bene un canovaccio non certo originale – ma l’originalità non era nelle premesse: e già il titolo del romanzo lo dice; rispetto alle sue prove più recenti, lo scrittore nuorese punta meno sul lavorio lessicale, concentrandosi maggiormente sulla buona caratterizzazione dei due personaggi principali e del comprimario, una vicina di casa di Ernesto che porta con sé più di un segreto e la cui apparizione sarà di primaria importanza per il procedere della vicenda.

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