La Nuova Sardegna

Abbanoa, la Procura pensa al fallimento

di Mauro Lissia

Secondo la Commissione europea la società è insolvente, l’istanza del pm potrebbe partire entro due settimane

08 ottobre 2013
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CAGLIARI. Tempo quindici giorni e la Procura della Repubblica deciderà se chiedere al tribunale l’avvio della procedura di fallimento per Abbanoa, mentre l’inchiesta giudiziaria finora iscritta su ipotesi di peculato e falso in atti pubblici vira inevitabilmente verso l’accusa contro ignoti di bancarotta. Il lavoro del consulente d’ufficio e della Guardia di Finanza è ancora in corso, ma il pm Giangiacomo Pilia sembra avere in mano quanto basta per accertare lo stato di insolvenza della società che gestisce il sistema idrico della Sardegna, ormai sull’orlo del baratro. Prima della capitalizzazione decisa dalla Regione con il via libera condizionato della Commissione europea il patrimonio della società, valutato al 30 giugno 2013, era di 95 milioni e 788 mila euro. I debiti allo stesso periodo ammontavano a 828 milioni al netto di quelli tributari. Ora si tratta di capire se i 148 milioni spalmati in cinque anni che l’amministrazione regionale ha deciso di mettere sul tavolo basteranno a garantire un equilibrio finanziario accettabile ad Abbanoa, che soltanto per saldare le buste paga dei 1434 dipendenti spenderà nel 2013 una cifra superiore ai 58 milioni, più di quanto la Regione erogherà come prima tranche annuale del contributo. Fra i mille dubbi sul futuro dell’azienda, una cosa è certa: nel bilancio 2012 appena approvato dall’assemblea dei soci - l’85% delle quote della srl è in possesso dei comuni, il 15% della Regione - viene dichiarato un debito entro dodici mesi verso i fornitori pari a 255 milioni, più altri 45 oltre i dodici mesi. Facile prevedere che sui 55 milioni in arrivo dalla Regione si scatenerà una rissa giudiziaria fra le imprese che rivendicano crediti, su tutte le aziende che forniscono ad Abbanoa i prodotti chimici per la depurazione, che dal sole reclamano una cifra vicina ai dieci milioni. A quel punto la possibile iniziativa della Procura potrebbe andare a incrociarsi con quella del tribunale civile, per ricondurre tutto al giudice fallimentare. Per ora è soltanto una possibilità, che trova però puntuale conferma nella nota del 31 luglio 2013 con la quale la Commissione europea ha comunicato al ministro degli esteri Emma Bonino il via libera alla capitalizzazione. Scrive il vicepresidente Joaquin Almunia, riferendosi ad Abbanoa: «Pur essendo aumentate nel corso del tempo, le entrate non sono mai state sufficienti a coprire i costi di esercizio, a partire dalla costituzione della società i risultati di gestione sono sempre stati negativi e nel 2011 le perdite di esercizio sono state pari a 13 milioni di euro». Scrive ancora Almunia: «L’indebitamento con le banche ha continuato ad aumentare, passando dai 24 milioni del 2005 ai 134 del 2011. A livello funzionale ingenti quantitativi di acqua risultano ancora perduti in fase di distribuzione, nel 2011 sono 180 milioni di metri cubi, pari a circa il 60% del volume di acqua immesso in rete». Sono parole disarmanti, perché smontano alla base l’assunto secondo cui la colpa del dissesto è legata alle perdite idriche pregresse, rimaste però invariate negli anni. Infatti Almunia conclude: «Quanto precede dimostra che Abbanoa si trova in una situazione finanziaria critica ed è sostanzialmente insolvente». Questo prima che la stessa Commissione, approvando un piano di ristrutturazione e di riorganizzazione che s’annuncia rigoroso, autorizzasse l’aiuto di Stato a condizione che alla scadenza anticipata della concessione, ora fissata nel 2025, il servizio idrico sardo venga messo sul mercato e affidato alla libera concorrenza, secondo un processo di privatizzazione che l’amministrazione Cappellacci si è impegnata ad avviare con la delibera 35 del 28 agosto scorso. Se Abbanoa dovesse fallire, la conseguenza più probabile è che il processo di privatizzazione parta prima, forse molto presto.

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