La Nuova Sardegna

Legge sugli usi civici, arriva lo stop dal governo

Legge sugli usi civici, arriva lo stop dal governo

«Le direttive varate dal Consiglio possono danneggiare la pianificazione». Gli ambientalisti: «Era l’editto delle chiudende»

05 ottobre 2013
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di Alfredo Franchini

CAGLIARI. Con l’impugnazione della legge sugli usi civici, il governo è arrivato a quota venti. Tante sono le leggi “cassate” a vario titolo in questa legislatura. Stavolta, a dire il vero, il ricorso era nell’aria, tanto che da più parti, quella legge approvata in tutta fretta in piena estate, senza passare dalle commissioni era stata chiamata “l’editto delle chiudende”. Secondo il governo Letta esistono diversi profili di incostituzionalità. «E’ pacifico», si legge nelle motivazioni del ricorso, «che gli usi civici non svolgono esclusivamente la funzione economico-sociale di garantire risorse alla collettività che ne è proprietaria, ma si è aggiunta una loro fondamentale utilità ai fini della conservazione del bene ambiente». Inoltre, il governo ricorda che «la limitazione o la liquidazione dei diritti di uso civico non possono prescindere dalle valutazioni del ministero per i beni e le attività culturali» e spiega che la norma «contrasta con le disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio in materia di pianificazione paesaggistica, potendo avere effetti negativi diretti sul processo di copianificazione paesaggistica in corso». Contrasta con il Codice Urbani ed è questa una visione completamente diversa da quella che aveva portato il Consiglio regionale a varare le norme. Allora l’intento dei legislatori sardi era stato quello di ridare ai Comuni la potestà di attivare le procedure sulla ricognizione delle terre gravate da uso civico. E il provvedimento, nel luglio scorso, sembrava così urgente che, per evitare lungaggini, l’assemblea aveva fatto ricorso all’articolo 102 del regolamento che consente di portare la legge direttamente in aula senza che i testi passino all’esame delle commissioni. L’impugnazione fatta dal governo nazionale blocca ora l’azione dei Comuni ai quali era stato assegnato il termine del 31 dicembre di quest’anno per predisporre un piano di ricognizione sull'uso civico. La procedura prevedeva poi che, dopo l’autodeterminazione dei comuni, la giunta regionale desse una risposta nell’arco di tre mesi. L’impugnativa era stata sollecitata subito dagli Amici della terra e dalla Lega per l’abolizione della caccia che qualche giorno prima di ferragosto avevano inviato un’istanza al governo perché impugnasse la legge «per lesione delle competenze legislative statali». Tra le forze politiche Luciano Uras (Sel) e Claudia Zuncheddu (Sardigna liebra) avevano parlato di incostituzionalità e avevano parlato di un golpe economico e sociale.

Scontata la soddisfazione degli ambientalisti: «Una seria riforma non si fa con queste modalità di rapina, in silenzio e in pochi minuti, perché per sistemare qualche situazione di contenzioso si impoveriscono le collettività locali e i tantissimi cittadini onesti», è il commento che viene dal Gruppo d’intervento giuridico onlus, Amici della terra e dalla Lega per l’abolizione della caccia. Soltanto qualche settima fa il governo aveva impugnato la legge che prevedeva lo stanziamento di trenta milioni per l’anticipo della cassa integrazione.

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