La Nuova Sardegna

Elezioni regionali, nuovo schiaffo alle donne sarde

di Alfredo Franchini
Elezioni regionali, nuovo schiaffo alle donne sarde

Un Consiglio per soli uomini: bocciata la doppia preferenza. L’assemblea regionale elimina con un voto segreto l’emendamento sul riequilibrio di genere Ora tutti si rammaricano: «È un principio di civiltà ma le preferenze multiple non funzionano»

29 agosto 2013
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CAGLIARI. Donne ancora bocciate dal consiglio regionale: alle prossime elezioni non ci sarà la doppia preferenza di genere, possibilità bruciata ieri dietro il paravento di un voto segreto. Si voterà con la legge modificata a giugno e che ieri è tornata in aula, così come chiedeva il governo, per eliminare la possibilità di rendere incandidabile il governatore che si dimettesse poco prima della fine naturale della legislatura. Una legge migliore, hanno detto un po’ tutti, perché a giugno era stato eliminato il listino che ha aperto nelle ultime due legislature le porte a consiglieri “nominati”.

45 contro 21. Una legge migliore che non compensa la soppressione della doppia preferenza, peraltro facoltativa. Ora che non c’è più la possibilità di favorire l’elezione di più donne, tutti si stracciano le vesti: eppure, nel segreto dell’urna, ha votato la stragrande maggioranza dei consiglieri: 45 contro 21. E che quella legge fosse ineluttabile lo conferma un numero: dal 1949 a oggi sono state elette nell’assemblea regionale 37 donne in rapporto ai 557 consiglieri dell’era autonomistica.

Alta tensione. La seduta straordinaria di ieri è stata ad altissima tensione, sino a sconfinare nel tutti contro tutti. A sparare le prime bordate è stato Adriano Salis (gruppo misto) autore assieme ad Efisio Arbau, Giannetto Mariani e Giuseppe Stocchino di un emendamento che prevedeva l’opportunità di «sanare un principio di civiltà». Parole condivise da Arbau che ha aggiunto anche la possibilità di rivedere le soglie di sbarramento (5% per i singoli partiti e 10% per le coalizioni), considerate troppo alte, «fatte per tenere fuori la politica che non sta nelle istituzioni». Dai banchi del Pdl, Gabriella Greco presentava un altro emendamento auspicando «che tutto il Consiglio si potesse colorare di rosa». Norma di civiltà su cui convergevano anche i Riformatori per bocca di Franco Meloni, il gruppo di Sel, Giampaolo Diana, capogruppo del Pd, il quale avvertiva che in ogni caso «si tratta di una buona legge, discussa in modo articolato, e che aveva eliminato l’ignominioso listino».

Cinque minuti. Qualche scaramuccia in aula tra Adriano Salis, la presidente Claudia Lombardo e Ignazio Artizzu, presidente della commissione Autonomia accusata da Salis di «aver rivisto la legge in cinque minuti», dopo i rilievi del governo. Da lì a poco, però, la tensione sarebbe esplosa quando Mario Diana, capogruppo di Sardegna è già domani, ha chiesto il voto segreto su un emendamento che avrebbe modificato il titolo della legge ampliandolo per fare spazio alla doppia preferenza. Mario Diana non si era nascosto dietro il voto segreto a giugno e quindi non poteva fare altrimenti anche ieri. «Lei è coerente – gli dice Arbau – ma sembra Ettore che cerca di salvare tanti Paride». Ma qual è il motivo che spinge 45 consiglieri a non voler dare spazio alle donne? Vediamo le motivazioni attraverso le dichiarazioni rese in aula da alcuni consiglieri.

Porcellum. Il primo motivo lo cita Nanni Campus (Sardegna è già domani): «Abolire la preferenza unica fu una necessità per moralizzare la vita pubblica. La preferenza multipla, anche se nobilitata come in questo caso, non si può riproporre». Un altro motivo, ampiamento citato, è che «non si può modificare la legge, col rischio che sia impugnata, e che di conseguenza si vada a votare con la vecchia normativa, una sorta di porcellum sardo». Il terzo motivo lo segnala Adriano Salis: «A giugno mi dissero che la legge elettorale poteva essere cambiata soltanto da consiglieri che non si devono ricandidare. Perché era chiaro che avrebbero fatto di tutto per difendere la propria rielezione». Per Nanni Campus, in realtà, la legge, pure migliore della precedente, presenta un buco nero: lo squilibrio, dimostrato nelle ultime due legislature, tra i poteri del Consiglio e quelli della giunta «sfociati in entrambi i casi con l’uomo solo al comando».

Coccodrilli. Da segnalare uno scontro politico tra Adriano Salis, ex Idv ora al gruppo misto, Giampaolo Diana e Claudia Zuncheddu (Sardigna libera). «Mi ha sorpreso il modo tiepido con cui il Pd ha affrontato il tema della doppia preferenza», ha accusato Salis suscitando le ire di Diana, il quale ha ricordato il lavoro svolto dal Pd, il maggior numero di donne elette nel centrosinistra. «Abbiamo assistito a dichiarazioni sulla stampa da “lacrime di coccodrilli scafati”, con accuse reciproche sulla responsabilità dei “misteriosi 40 voti”, nella perfetta e collaudata logica bipartisan che spesso in quest'aula ha privato i sardi dei propri diritti per soddisfare le lobby elettorali e gli interessi dei prinzipales che sostengono e nutrono questa classe politica». Zuncheddu ha votato contro la legge. Perché? «Non voto per nessuna legge con il pretesto che è meno peggio di un’altra. La politica deve fare leggi buone».

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