La Nuova Sardegna

Delfino fiocinato alla Maddalena, caccia al bracconiere

di Serena Lullia
Delfino fiocinato alla Maddalena, caccia al bracconiere

Difficile risalire al responsabile dell’uccisione: rischia due anni. Casi simili segnalati all’Asinara e ad Alghero - FOTO

05 agosto 2013
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LA MADDALENA. Il bracconiere del mare resta senza volto. Non c’è traccia del responsabile dell’uccisione di un delfino nelle acque di Razzoli. Il corpo forestale ha sporto denuncia contro ignoti. L'analisi dell'asta thaitiana con cui il Tursiops truncatus, nome scientifico del delfino costiero, è stato infilzato, non ha dato indicazioni utili per risalire all’eventuale proprietario. Nel caso in cui le indagini portassero a individuare il responsabile scatterebbe l’arresto. I delfini costieri, così come tutti i cetacei, sono animali protetti dalla direttiva Habitat e dalla Convenzione di Washington. La loro uccisione è un reato. Previsto l’arresto e la reclusione da un minimo di 6 mesi fino a un massimo di due anni e una ammenda fino a 4 mila euro. Leggi severissime che non hanno impedito a qualche pescatore senza scrupoli di fiocinare il giovane delfino, un esemplare di 2 metri e 40, in ottimo stato di salute. L'animale, che non era stato ancora fotoidentificato a causa della giovane età, è morto per dissanguamento. Dura la condanna del Parco. «Non siamo in grado di dire con precisione se l'asta tahitiana sia stata scagliata a mano con forza o con un fucile elastico – spiega il direttore del Parco nazionale della Maddalena, Ciro Pignatelli –. Al di là dell’aspetto tecnico resta la condanna morale di un gesto tanto crudele. Compiuto inoltre all'interno del santuario dei cetacei, l'habitat marino per eccellenza in cui vivono e si riproducono tursiopi, delfini, balenottere. Non c'è mai stato un episodio di questo tipo nel Tirreno. Purtroppo non abbiamo maggiori dettagli sul delfino ucciso. Essendo molto giovane non era stato ancora inserito all'interno del foto-archivio degli esemplari che transitano nelle nostre acque, una settantina».

Un'azione crudele ma non isolata. Negli ultimi due anni nelle acque dell'Asinara e di Alghero sono stati trovati spiaggiati dei delfini e delle stenelle con delle parti mutilate. «In alcuni casi a seguito di incagliamento nelle reti – spiega Luca Bittau, naturalista, impegnato da 5 anni nel Progetto di ricerca sui cetacei pelagici del dipartimento di Scienze della natura e del territorio dell'università di Sassari – . Ma in altri si tratta di uccisioni volontarie. Episodi molto tristi, esempi di come sia purtroppo molto forte il conflitto fra l’uomo e questi mammiferi».

Bittau conosce bene il delfino costiero, la specie a cui apparteneva l’esemplare ucciso nei giorni scorsi nelle acque del Parco. Nella sua campagna di ricerca fra le onde ha potuto studiarne abitudini ed evoluzioni del comportamento. «Solitamente il tursiops truncatus lo si trova lungo la costa perché non vive oltre i 250 metri di profondità. Durante l’estate però, a causa del grande traffico delle imbarcazioni, ha la tendenza a spingersi al largo, diventando anche molto più socievole». Una convivenza non facile quella con l'uomo. «I delfini condividono lo stesso habitat con l'uomo – aggiunge il ricercatore –, lì dove esercita le attività di pesca costiera e il traffico nautico. Dispiace vedere che c'è ancora tanta ignoranza fra la gente, che non riesce a vedere oltre i problemi che causa alla pesca. I delfini sono una fonte di ricchezza e anche di lavoro. Molto più da vivi che da morti. Le attività di whale watching ne sono un esempio».

L'Orso diving, il centro di immersione che con la sua barca con base a Poltu Quatu collabora con i ricercatori universitari, ha liste di attesa lunghe giorni per le escursioni turistiche di avvistamento dei cetacei. In tanti vogliono vivere l’emozione di vedere da vicino un gigante del mare come il capodoglio o i delfini. «Negli anni le richieste sono aumentate – conclude Bittau –. Ci sono lunghe liste di attesa. Quest’anno la domanda arriva soprattutto da stranieri»

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