La Nuova Sardegna

«Ora si può riscrivere la storia antica dell’isola»

«Ora si può riscrivere la storia antica dell’isola»

L’accademico del Lincei Mario Torelli: «Il lavoro di Giuseppina Manca di Mores consente di cambiare la data di fondazione del santuario di Fluminimaggiore»

31 luglio 2013
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SASSARI. «La scoperta della decorazione del tempio di Antas fatta negli scavi di tanti anni fa è eccezionale ma l’elemento di grande novità rispetto ad allora lo dobbiamo tutto a Giuseppina Manca Di Mores che ha fatto uno straordinario lavoro di ricomposizione di questa decorazione fittile risalente a una fase repubblicana che non sappiamo bene datare ma che secondo me è quella cruciale per la storia del santuario, perché si lega direttamente alla donazione della statua del Sardus Pater a Delfi di cui parla Pausania». Secondo Mario Torelli, accademico dei Lincei e illustre antichista italiano, che ha appena terminato un commento a Pausania, le decorazioni del tempio di Antas sono strettamente collegate al racconto dell’autore greco del II secolo d.C. che non precisa però quando la statua del Sardus Pater fu dedicata nel tempio di Apollo a Delfi. «La giustificazione di questo dono fatto da sardi è il mito per cui la Sardegna sarebbe stata colonizzata per la prima volta in epoca mitica su indicazione dell’oracolo di Delfi – spiega lo studioso – Questa vicenda è raccontata con una serie di elementi che non possono essere spiegati né con la fase fenicio-punica né con la fase imperiale. Bisogna infatti individuare un momento storico e una situazione storico culturale per cui le élite della Sardegna sentono il bisogno di legittimarsi attribuendo a Delfi la gloria di aver creato questa popolazione, in questa terra allora remota. Questo può avere senso soltanto all’indomani della fine del dominio cartaginese, perché Cartagine stroncava questo tipo di autonomie».

In quel momento di passaggio sotto il dominio di Roma, dunque, in cui le élite della Sardegna si pensano come una delle tante città di un impero multietnico dove sono presenti tutte le popolazioni dell’Italia antica. «Il tutto si traduce in un problema di identità, manifestato con la donazione di questa statua a Delfi e la ristrutturazione del tempio di Antas – sottolinea Torelli – Mettere avanti la propria grecità culturale o etnica era elemento fondamentale per poter essere accettati nel mondo del nuovo impero. Così anche la presenza di Iolao fa parte del pedigree greco che le élite sarde vogliono conquistare. Delfi era una grande vetrina e la creazione di questo mito del Sardus Pater è un biglietto da visita con cui queste élite si presentano nel mondo mediterraneo». (anna sanna)

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