La Nuova Sardegna

Golfo Aranci, paradiso naturale devastato da un maxi-incendio

di Guido Piga
Golfo Aranci, paradiso naturale devastato da un maxi-incendio

Turisti allontanati dalle spiagge, salvato un escursionista svizzero, intossicato un volontario. Polemiche per i ritardi nell’intervento: è arrivato un solo Canadair un’ora dopo lo scoppio del rogo - FOTO - VIDEO

25 giugno 2013
3 MINUTI DI LETTURA





GOLFO ARANCI. Qui dove ogni angolo profuma di storia e natura, adesso tutto puzza di bruciato. Qui dove Guglielmo Marconi diffuse il primo segnale radio, nel 1932, e dove i mufloni scorrazzavano liberi, ora c’è una lingua - prima rossa di fuoco, poi grigia - nera di cenere - che lascia senza parole: una striscia incendiaria che, partendo dalla periferia di Golfo Aranci - sotto gli “occhi” delle telecamere comunali, particolare utile per l’inchiesta - ieri pomeriggio ha arso un appartamento (disabitato), mezzo Monte Ruju, minacciato Capo Figari, insidiato Cala Moresca e Cala Greca, dove si è fermata in modo naturale perché bloccata dal mare, l’unico elemento più forte del maestrale (con punte di 60 km all’ora) che l’ha alimentata. Che l’ha resa indomabile, distruggendo una delle aeree paesaggistiche più belle e più delicate della Gallura e probabilmente uccidendo anche alcuni mufloni.

A poco è valso l’intervento degli uomini a terra, uno dei quali, Maurizio Spano, 50 anni, della protezione civile di Golfo Aranci, è rimasto intossicato. Accompagnato da un’ambulanza all’ospedale di Olbia, i medici l’hanno curato: fortunatamente niente di grave. Così come sano e salvo è un turista svizzero che era in escursione proprio nei luoghi marconiani: l’incendio era tutto sommato lontano, ma il fumo gli ha impedito la ridiscesa e, dopo le 18, è stato soccorso. Una cinquantina di persone è stata evacuata via terra, senza mai correre reali pericoli, dalle spiagge di Cala Moresca, a est di Golfo Aranci, nella cui direzione il maestrale spingeva appunto il rogo.

Il vento sì, il combustibile di tutti gli incendi, l’incubo che dalla mattina angosciava tutti quelli impegnati nella lotta ai piromani. Ieri era troppo forte per poter pensare di avviare un’azione efficace. Anche i mezzi aerei come i Canadair, con il mare increspato, hanno avuto difficoltà a rifornirsi e a lanciare le proprie bombe d’acqua sul fronte del fuoco. Sarebbe meglio dire l’unico Canadair, perché il secondo di base a Olbia era impegnato altrove (anche se una voce, che non ha trovato conferme, sosteneva che il mezzo non fosse in grado di alzarsi in volo per la mancanza dell’equipaggio).

Peggio ancora, secondo l’accusa formulata dal sindaco di Golfo Aranci, Giuseppe Fasolino, il Canadair sarebbe arrivato persino in ritardo. Un’ora dopo lo scoppio dell’incendio, partito intorno alle 14,30, sostiene il primo cittadino, impegnato a Roma per la battaglia sulla zona franca. Un presunto ritardo che, come sempre, rinfocola le polemiche sulla macchina burocratica che guida gli aerei della Protezione civile nazionale.

Il rogo è partito da via Guglielmo Marconi, una parallela alla linea ferroviaria che divide il paese dalla campagna che si estende verso Monte Ruju e Capo Figari. Il nucleo investigativo ha sequestrato alcuni possibili inneschi, fra cui un accendino, ma l’ipotesi dell’incendio doloso è sì la più probabile ma non l’unica. Una svolta potrebbe essere arrivata nella notte: il Comune ha installate in quella zona numerose telecamere. Gli investigatori hanno passato al setaccio i filmati a caccia del possibile colpevole. «Mi sono vista il fuoco dentro casa - racconta Patrizia, turista di Viterbo -. E pensare che proprio stamattina ho chiamato in municipio per segnalare che attorno al nostro complesso residenziale (l’unico al di là di via Marconi, ndr) c’era troppa erba». Una lingua di fuoco ha attaccato un appartamento, bruciando la parte esterna: in quel momento non c’era nessuno. Poi le fiamme hanno puntato verso Monte Ruju. In pochi minuti le dimensioni dell’incendio si sono gonfiate a dismisura, bruciando un’area che, fatti i conti finali, ammonta a 3-400 ettari. Terreni di proprietà del possidente Tamponi che erano stati bruciati 50 anni fa.

«Andammo tutti a spegnere quell’incendio, anche quelli come me che erano bambini – ricorda Tommaso Derosas –. Fu un trauma. Che ora si ripete: animali morti, verde incenerito, e un paesaggio lunare che ci dovremo tenere per anni».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Incarichi vacanti

Sanità nel baratro: nell’isola mancano 544 medici di famiglia

di Claudio Zoccheddu
Le nostre iniziative