La Nuova Sardegna

“La guerra è finita!” La notizia all’Italia dalla radio di Bortigali

di Paolo Coretti
“La guerra è finita!” La notizia all’Italia dalla radio di Bortigali

Domani e domenica un convegno nel paese del Marghine La storia e i protagonisti di un’epoca pionieristica

21 giugno 2013
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BORTIGALI. Jader Jacobelli la battezzò Radio Brada. Era un nome bene appropriato a quella Radio Sardegna che una squadra di tecnici intelligenti e di aspiranti giornalisti (o giornalisti già in carriera, come il direttore fecero nascere nei giorni confusi dell'armistizio a Bortigali, dove stava il Comando delle Forze Armate della Sardegna. Fu la prima, e se non la prima una delle primissime radio dell'Italia appena liberata, felice di godersi una libertà improvvisa, forse senza pensare quante lacrime e sangue sarebbe costata la continuazione, da Napoli e Montecassino in su, di quella guerra che, almeno in Sardegna, il generale Basso dava per finita.

Domani e domenica Bortigali – che alla storia di quella radio ha dedicato da tempo attenzione e memorie – celebrerà perciò (con qualche mese di anticipo rispetto alla scadenza) il settantesimo anniversario della sua nascita. Una nascita quasi miracolosa, se si pensa alla pochezza dei mezzi con cui dovettero ingegnarsi i tecnici, alla loro inventiva e al coraggio dei pochi ufficiali-redattori che furono chiamati a darle voce: al centro delle manifestazioni, domattina alle dieci nella palestra comunale, un convegno in cui saranno relatori Romano Cannas, direttore della sede Rai della Sardegna, e lo storico Manlio Brigaglia. È annunciata la presenza della principessa Maria Elettra Marconi e di Quintino Ralli, che fece parte di quella avventurosa conquista dell'etere. Il primo giornale radio, che aprì le trasmissioni, partì alle 13.15 del 3 ottobre. Subito dopo si sviluppò un palinsesto (forse allora non si diceva ancora così) che, fra notiziari e programmi di varietà, aveva il suo centro nella trasmissione di messaggi di soldati "continentali" bloccati dell'isola (le forze armate contavano ancora 250 mila unità) verso le famiglie rimaste dall'altra parte del Tirreno.

Quella fase fortemente dilettantesca (ma nel senso che si dilettavano anche quelli che la facevano) durò sino al gennaio successivo, quando Radio Sardegna si trasferì a Cagliari. Ci fu una inaugurazione solenne, con tanti discorsi, ma negli stanzoni di Is Mirrionis le attrezzature erano così precarie che per insonorizzare le stanze si stendevano improvvisate tappezzerie di coperte militari e quando le orchestre crebbero capitava che talvolta il contrabasso suonasse fuori della porta dello "studio". Fra quel gennaio e la fine d'aprile del 1945 fu quella la radio veramente "brada": cioè rampante, libera di inventarsi programmi di ogni tipo, dalle commedie al musical, dalle canzoni all'omelia domenicale dell'ordinario militare della Sardegna che era monsignor Paolo Carta, poi indimenticato arcivescovo di Sassari. L'orchestra della radio rimase nella memoria di tutti i sardi: anche perché i leader si chiamavano Fred Buscaglione, Giulio Libano e Franco Pisano. C'era, sì, un blando controllo dell'Amministrazione militare americana, ma si ricorda sempre un maggiore D'Adigostino, un giornalista-scrittore italo-americano, che tutto sommato parteggiava per i "nostri". Questa fase finisce nel maggio 1945, il giorno stesso che finisce la guerra (Francesco Cossiga ha sempre raccontato di aver sentito la prima notizia di quella fine proprio da un improvvisato annunciatore di Radio Sardegna, primo in Italia e forse anche in Europa, che gridava: "La guerra è finita! La guerra è finita!). I soldati "continentali" partirono nel giro di pochi giorni, e subito dopo l'Eiar, prossima a trasformarsi in Rai, cominciò un duro processo di centralizzazione in cui soltanto la protesta dei sardi salvò un pezzo di autonomia della "radio dei sardi".

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