La Nuova Sardegna

Scoperti in una villa mille reperti archeologici

di Giuseppe Centore
Scoperti in una villa mille reperti archeologici

La collezione messa sotto sequestro era stata data in custodia oltre 40 anni fa. C’è un giallo: il numero dei pezzi è raddoppiato, ma ne mancano alcuni catalogati - FOTO

05 giugno 2013
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CAGLIARI. Un tesoro archeologico di inestimabile valore, e che commercialmente, per quanto la materia mal si presti a queste considerazioni, sfiora i venti milioni di euro, è stato sequestrato alcuni giorni fa in una villa di Cagliari, dalle parti di via Pergolesi. Il materiale era custodito in una stanza “blindata”, e adesso si trova in uno dei depositi della Soprintendenza archeologica; sarà catalogato e analizzato nei minimi dettagli. Si tratta di circa mille reperti, 722 integri il resto frammenti, di diverse epoche, dal nuragico al medievale, comprendenti anfore, vasi, armi, stele funerarie, elmi, monili, ceramiche di diversi periodi, coppe. Due le denunce alla Procura. L’indagine inizia lo scorso ottobre, quando la proprietaria della villa, D.P. chiama i carabinieri del comando provinciale di Cagliari per denunciare un furto avvenuto la notte prima. I militari arrivano, svolgono il compito d’ufficio, ma notano parte della collezione archeologica, ben custodita. Nella relazione di servizio, accompagnata da diverse foto, i carabinieri riportano questo particolare, indicando anche l’importanza della collezione. La nota segue il suo naturale percorso siano a coinvolgere il comando carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, il nucleo dell’Arma specializzato nella difesa e nel recupero dei tesori asportati o perduti. I militari coinvolgono la soprintendenza archeologica e verificano che effettivamente la collezione era conosciuta ai loro uffici da mezzo secolo.

La collezione infatti era stata data in custodia al professionista, sin dagli anni Sessanta. La legge, nelle sue diverse declinazioni, consente ai privati di detenere materiali archeologici, ma in custodia, senza poter avere mai il titolo di proprietà. Questo rimane in capo allo Stato. «Ma chi detiene questi beni ha diversi obblighi, tra i quali comunicare eventuali modifiche dei nomi dei titolari dell’autorizzazione alla custodia», ha precisato ieri nella conferenza stampa di presentazione del ritrovamento il vicecomandante del nucleo tutela patrimonio culturale, il colonnello Luigi Cortellessa. «Purtroppo in questi decenni ci sono state due modifiche che ci hanno spinto a chiedere alla Procura, nella persona del pm Marco Cocco, il sequestro dell’intera collezione». I due elementi che hanno riportato sotto la diretta custodia la collezione, riguardano il fatto che sia alla morte del titolare dell’autorizzazione, avvenuta negli anni Settanta, che alla scomparsa del figlio, avvenuta invece lo scorso anno, i suoi eredi non avevano fatto la denuncia come da legge. L’altro fatto, più preoccupante, riguarda la non corrispondenza tra gli elenchi, custoditi negli archivi della Soprintendenza, della collezione “originaria”, e quelli di quella sequestrata a fine maggio: rispetto all’elenco autorizzato (circa 500 manufatti) mancano diversi pezzi, mentre altri compaiono senza essere mai stati catalogati dalla Soprintendenza. Forse, al di là dell’aspetto amministrativo è stato proprio quest’ultimo fattore a far scattare il sequestro. Gli archeologici a settembre consegneranno alla Procura la relazione finale con l’inventario analitico.

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