La Nuova Sardegna

La leggenda di Candida Mara

di Vanni Lai
La leggenda di Candida Mara

Riemerge dagli archivi la figura di un mito della musica tradizionale sarda

25 maggio 2013
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Da oltre cent'anni un mistero circonda la figura di Candida Mara, leggendaria "cantadora" della musica tradizionale sarda e personaggio tra i più affascinanti della storia dell'isola. Negli anni Dieci e Venti del Novecento Candida Mara è stata la prima donna in grado di sfidare sul palco i "cantadores a chiterra", un mondo fino ad allora composto da soli uomini. Il suo nome era conosciuto in tutto il nord Sardegna anche grazie ai cavalli della sua scuderia, puledri che riscuotevano grandi successi nelle corse dell'epoca. Negli anni successivi alla sua morte, avvenuta nel 1927, e per gran parte del Novecento, le notizie su Candida Mara si sono limitate a poche e vaghe informazioni, rendendo quasi impossibile svolgere ricerche su base scientifica. Un mal riposto senso di vergogna e l'incapacità di accettare un personaggio fuori dagli schemi sono state per più di mezzo secolo le cause di una "damnatio memoriae", della cancellazione del suo ricordo.

Eppure la vita di Candida Mara è stata un canto meraviglioso, un romanzo d'avventura intriso di un senso di malinconia profonda ed emozionante. Nata il 17 maggio 1877 a Nulvi, Candida proveniva da una famiglia di artigiani. Nel 1896 sposa il falegname Giovanni Brozzu, ma il matrimonio non funziona. Il ragazzo, forse a causa di una bravata commessa in precedenza, non va a genio al futuro suocero. Così, non appena celebrata l'unione, Brozzu viene cacciato all'uscita dalla chiesa. Il legame amoroso tra i due giovani non si spezza e nel 1898, poco prima di partire per il servizio di leva, Giovanni passa a salutare i parenti. Candida improvvisa dei versi struggenti: "Isolve sa trizza brunda/de dolu est custu momentu/solu versos de lamentu/in custa edade giocunda/Piango cun lagrimas tundas/piango e pianghimus umpare/Cessat como s'allegria/nos devimus separare". Brozzu muore qualche anno dopo, nel 1905.

Vedova e con poche prospettive, la personalità ardita di Candida non si spegne. Nel 1908 denuncia suo fratello Peppe per aggressione a mano armata. La causa della lite è una relazione con Giuseppe Larussa, un brigadiere dei carabinieri che si trova nascosto in casa al momento dell'alterco. Negli anni successivi Candida partecipa da protagonista alle gare a chitarra, spostandosi di paese in paese alla guida di un calesse e armata di pistola. La sua particolare "condizione" la costringe spesso a difendersi da dicerie e soprusi, come durante una gara a Oschiri, quando il cantatore "Berrittedda" la provoca chiamandola "bagassa e burda". La risposta di Candida è un pugno forte e preciso che spacca la faccia al malcapitato "Berrittedda" e lo manda al tappeto. Ma come si presentava Candida Mara? Pare che fosse una donna alta e slanciata, dal portamento e dai vestiti eleganti, capace di ammaliare e irretire allo stesso tempo. Il viso spigoloso era segnato da un neo su una guancia, i capelli forse biondi, gene presente in famiglia e ipotesi rafforzata dall'improvvisazione per il marito ("Isolve sa trizza brunda").

In quegli anni il talento dell'artista non era sfuggito al musicologo tempiese Gavino Gabriel, che la descrisse come un "vulcano di passioni che ha sconvolto cuori e famiglie" e che dal suo canto traeva "un potere di dominio che piegava ogni volontà", con una voce che le dava "una strana personalità di fattucchiera e di dea". Nel 1914 Candida si trova a Padria per cantare alla festa di Santa Giulia e qui il suo fascino misterioso colpisce ancora. Antonio Giuseppe Sechi, un signore benestante del posto, si innamora di lei e decide di lasciare la moglie Maria Cossu per fuggire con la "cantadora" nulvese. Lo scandalo è grande e la coppia si trasferisce a Sassari, in una casa di campagna con dei cortili in via Rizzeddu, luogo che fino a qualche decennio fa veniva chiamato "Sas cortes de Candida Mara". In questa zona, oggi di difficile ubicazione, venivano allevati Elisa, Dadu, e Funtana, i suoi cavalli da corsa.

Il 1927 porta con sé la fine della storia. Antonio Giuseppe Sechi si ammala e il suo patrimonio si disperde. Dopo aver lasciato quel poco che gli resta a qualche parente e un terreno alla propria amante, muore il 28 giugno. Candida rimane sola, in una casa in aperta campagna, senza l'appoggio di quello che è stato il suo compagno di vita per più di dieci anni. In quell'estate terribile viene ricoverata in ospedale per un intervento chirurgico. Si racconta che volesse eliminare un fastidioso neo sul viso e che non si sia risvegliata dall'anestesia dopo l'operazione. Viene trasportata moribonda nella casa di Rizzeddu, dove muore la mattina del 21 settembre. Di questa figura, troppo "avanti" rispetto alla mentalità dell'epoca, non esistono scatti, a meno che prima o poi non compaia una fotografia con una donna che corrisponda alla sua descrizione.

Candida Mara non ha mai voluto registrare la propria voce ma la leggenda la ricorda come una forza della natura, così come una quartina che in passato si cantava a Tempio Pausania: "Canta tu, Candida Mara/chi t'intènghin in Curragghja/cu' la boci che iscagghja/la fiocca illu Limbara".

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