La Nuova Sardegna

Il duo Fresu-Sosa conquista il Blue Note

di Silvana Porcu
Il duo Fresu-Sosa conquista il Blue Note

Grande successo del tour che il trombettista di Berchidda sta facendo negli Stati Uniti insieme al pianista cubano

31 gennaio 2013
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NEW YORK. Tutto esaurito per quattro giorni di fila al Blue Note di New York. Il risultato che Paolo Fresu e Omar Sosa hanno portato a casa nella prima tappa del loro tour statunitense è di quelli da tenere stretti, non solo perché quattro date in un jazz club di Manhattan significano otto concerti (due set per ogni serata), ma anche perché ogni singolo giorno la città offre agli appassionati di jazz una tale quantità di spettacoli e nomi da far girare la testa. Ma la formazione si è dimostrata all'altezza del pubblico newyorchese e anche nell'ultima giornata al Blue Note, domenica scorsa, il duo ha portato sul palco quello che sa fare meglio: una musica liquida, morbida, in costante cambiamento ma senza spaccature, sempre fluida. Sarà per il mare che bagna le isole di entrambi - la Sardegna per il trombettista e Cuba per il pianista - ma la loro performance sembra suggerire un continuo richiamo all'acqua. Si percepiscono le ondate di suono, che ritornano cicliche grazie all'uso dell'elettronica; le basse maree dei pezzi più percussivi che poi si gonfiano fino a farsi imponenti; i giochi di note che zampillano qua e là, come brevi scherzi sonori lanciati da un lato all'altro del palco.

Il pianista cubano apre il concerto toccando leggermente le corde del pianoforte, per poi dare forma a una melodia leggera che si fa sempre più ritmata e ricca di bassi, e su cui si intrecciano le prime note di Fresu. I due musicisti hanno gli occhi fissi uno sull'altro: le espressioni vispe di Omar Sosa, in veste rossa e copricapo bianco, e il guizzo negli occhi di Fresu rivelano molto dell'intesa che è alla base di questa collaborazione. C'è dentro molto divertimento - che nessuno dei due nasconde - e una ricerca comune della melodia: è questo che ha dato vita ad "Alma", il loro disco del 2011. Ma c'è qualcosa di più: una specie di tensione verso l'alto che affiora in note lunghissime e resta nell'aria, palpabile. Qualcosa che, in fondo, senti anche quando le improvvisazioni si fanno più impegnative, le note scorrono via frenetiche dalla tromba e le mani di Sosa tirano fuori un suono metallico e pungente dalle corde del pianoforte. Tra inseguimenti sonori e ballate carezzevoli (compreso il brano che dà il titolo al loro album), c'è molto spazio per l'elettronica, che resta una fedele alleata senza diventare protagonista. È grazie a lei che una piccola frase diventa l'anello di collegamento fra momenti totalmente differenti, in un puzzle di incastri sonori in cima al quale restano comunque i due musicisti, con tutta la loro voglia di suggerirsi e rubarsi a vicenda frammenti di melodie. Nel loro rincorrersi, più di una volta, fanno capolino fugaci citazioni delle musiche di entrambe le isole. Sul finale, è sempre l'elettronica a permettere loro di lasciare i rispettivi strumenti. Sosa si avvicina a Fresu con una piccola percussione e insieme i due salutano il pubblico, si inchinano e scendono dal palco, sulla scia della musica che va avanti da sola, a ciclo continuo. aSubito dopo la quattro giorni newyorchese il duo ha fatto tappa a Washington, mentre questa sera saranno a Boston, per poi fare di nuovo rotta verso sud e raggiungere lo stato del New Jersey, dove Fresu e Sosa suoneranno domani al South Orange Performing Arts Center.

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