La Nuova Sardegna

Il pastore Marras vince anche contro il suo ex avvocato

di Mauro Lissia
Il pastore Marras vince anche contro il suo ex avvocato

Dopo averla spuntata contro la Sitas, che bloccava la stradina di accesso al suo ovile, ottiene 300mila euro dal legale che voleva impadronirsi dei terreni di Malfatano, dopo avergli fatto firmare un contratto capestro

19 dicembre 2012
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CAGLIARI. Prima ha costretto la potente Sitas di Caltagirone, Toti e Benetton a scendere a patti per la demolizione del grande resort di Tuerredda, che gli aveva cancellato lo stradello d’ingresso al suo furriadroxiu. Ora il pastore teuladino Ovidio Marras, ottant’anni portati senza paure, ha abbattuto sul fronte giudiziario anche il facoltoso avvocato d’affari milanese Paolo Calmetta, che dopo averlo difeso nella controversia con la Sitas voleva impadronirsi in base a un complicatissimo contratto delle meravigliose terre di Malfatano, proprietà dei Marras. Stavolta a dargli ragione è stato il collegio arbitrale di Milano, composto da Riccardo Luzzatto, Remo Danovi e Enrico Salone, al quale s’era rivolto Calmetta per ottenere da Ovidio il rispetto di quel contratto-capestro: nel lodo depositato in questi giorni i tre arbitri hanno dichiarato la propria incompetenza a decidere sulla validità del patto sottoscritto dal pastore e dalla sorella Giovannica per via di una clausola considerata vessatoria e hanno condannato la società Zylberberg del celebre legale lombardo a pagare spese per 300mila euro, che comprendono le parcelle dei difensori dei Marras, gli avvocati Paola Mugoni, Gianluca Mugoni e Mariella Salis. Ora l’ultima parola spetta al giudice civile cagliaritano Paolo Piana: è lui che dovrà sbrogliare l’intricatissima matassa della proprietà Marras in un giudizio civile già avviato, all’interno del quale il magistrato ha voluto chiamare anche Giangiacomo Pilia, il pubblico ministero che indaga sugli aspetti penali della vicenda. Prima ancora che gli arbitri decidessero Calmetta aveva infatti ceduto a una fantomatica società di Dubai, la Ace of Spades Guandong Opportunity Investments Limited, i diritti sull’area oggi formalmente in possesso della Sitas. Ma su quelle terre, dal valore paesaggistico e commerciale inestimabile, vanno a incrociarsi e a confliggere gli interessi dell’immobiliare e della famiglia Marras, che vanta un diritto ereditario ancora da definire. In sostanza il giudice dovrà stabilire a chi appartiene realmente il paradiso di Tuerredda e se le pretese di Calmetta, ora bocciate dal collegio arbitrale di Milano, hanno un qualche fondamento. Il difensore di Ovidio, l’avvocato Andrea Pogliani, ha chiesto che il contratto sottoscritto con Calmetta il 20 ottobre 2010 venga annullato. Se questa fosse la decisione del giudice, Ovidio e la sorella diverrebbero i padroni incontrastati di Tuerredda e potrebbero sfrattare definitivamente la Sitas.

Nel frattempo potrebbe essere la Procura ad aprire nuove prospettive alla complessa vicenda che ruota attorno a Tuerredda e agli interessi sul mare di Teulada: nel lodo arbitrale si fa riferimento a una serie di aspetti controversi che riguardano i comportamenti di Calmetta nei confronti dei Marras. Su questi il pm Pilia farà le sue valutazioni all’interno del procedimento per truffa aperto – per ora contro ignoti – dopo l’esposto-denuncia firmato dall’avvocato Carlo Federico Grosso per conto di Sitas, dove riferendosi a Zylberberg il celebre penalista ha parlato di «artifizi e abili espedienti che inducono a ritenere di trovarsi di fronte a una serie di iniziative dalla caratura inesorabilmente truffaldina». Riepilogando: Sitas è obbligata a demolire parte del resort costruito a Tuerredda, l’avvocato Calmetta ha per ora perso il diritto di acquisire la proprietà dell’area e la famiglia Marras – se vincerà anche l’ultima causa – riacquisterebbe il controllo dell’intero patrimonio immobiliare ceduto negli anni.

Tra i tanti punti interrogativi, uno riguarda la sorte del complesso di hotel, spa e servizi della Sitas: il cantiere è fermo, una sentenza del Tar ha dichiarato il resort sostanzialmente abusivo. Dopo il giudizio di secondo grado si conoscerà la sua fine.

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