La Nuova Sardegna

Oniferi verso il dissesto per i fondi dell’ecomostro

Paolo Merlini
Oniferi verso il dissesto per i fondi dell’ecomostro

Finanziato anche con gli aiuti europei per la sicurezza pubblica non è stato mai completato: ora il ministero dell’Interno chiede la restituzione di 600mila euro

13 dicembre 2012
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ONIFERI. Tempo una settimana e il sindaco Stefania Piras potrebbe essere costretta a dichiarare il dissesto finanziario del Comune che guida da poco più di sei mesi. Il 30 settembre scorso infatti è scaduto l’ultimatum per la restituzione di fondi per 600mila euro, stanziati nel 2006 dall’Unione europea per il completamento del Centro didattico ambientale in costruzione nelle campagne di S’Iffurcau, a pochi chilometri dal paese. A distanza di sei anni l’edificio non è stato ultimato, come imponeva la procedura del finanziamento, e i soldi vanno restituiti. Piras ha ricevuto la nota del ministero dell’Interno pochi giorni dopo il suo insediamento, come eredità, più che della precedente giunta a guida Pd, di quella in carica ancora prima, dal 2002 al 2007, quando sindaco era Giampiero Casula (Pdl). Va da sé che gli attuali amministratori di Oniferi, comune di 930 abitanti che ha un bilancio annuale di circa settecentomila euro, non hanno potuto ottemperare alla richiesta del ministero, e dunque attendono da un giorno all’altro l’ingiunzione di pagamento che li metterà definitivamente alle corde.

Ma come si è arrivati a questa situazione, e a cosa sarebbe dovuto servire l’ecomostro in cui spiccano un finto nuraghe e un labirinto di cemento?

La storia. Voleva lasciare il segno del suo governo, il sindaco Giampiero Casula, e non si può negare che ci sia riuscito. I suoi successori si sono trovati una “stecca” da 600mila euro e un’incompiuta gigantesca quanto inutile per il cui completamento servono altri due milioni e 800mila euro. L’esperienza ha lasciato qualche segno negativo anche sull’ex sindaco: una sentenza della Corte dei Conti lo condanna al pagamento a favore dell’erario di 602mila euro per aver gestito in modo disinvolto la vendita di un grande quantitativo di sughero appartenente al Comune. Ancora, una condanna a due mesi e 10 giorni per danneggiamento e lesioni lievi (pena estinta per indulto nel 2010) nei confronti dei vicini di casa, che lo accusavano di aver buttato giù a calci il loro ingresso e di averli malmenati. Per quello che doveva essere il sindaco del dialogo non c’è male.

Studi da perito agrario e commerciante di granito per professione, Casula viene eletto nel 2002 dopo che il Comune è stato governato per quattro anni da un commissario prefettizio, causa mancanza di candidati. Oniferi infatti è uno degli ex “paesi del malessere” per eccellenza, e più volte le elezioni sono andate a vuoto perché non si presentavano liste. Nel 2002, il 35enne Casula guida l’unico schieramento in corsa e viene eletto. Nei primi tempi tutto scorre nel migliore dei modi, anche perché il commissario prefettizio ha lasciato nelle casse del Comune un tesoretto di decine di migliaia di euro frutto della vendita del sughero. Il paese viene abbellito con marciapiedi nuovi, giardinetti, si migliorano le strutture sportive. Preso dalla foga, Casula regala alla propria comunità un maestoso arco in granito con la scritta “Santu Bainzu”: viene sistemato, su sua disposizione, nel sagrato di una splendida chiesetta romanica del tredicesimo secolo. Molti oniferesi storcono il naso, ma al sindaco le critiche scivolano addosso. Uno dei primi atti della giunta che gli subentrerà nel 2007, animata da uno spirito che ricorda un po’ il dopo Ceausescu in Romania, sarà eliminare quel dono voluminoso, la cui demolizione era stata indicata persino nel programma elettorale. Ci penserà un anno dopo la soprintendenza ai Beni culturali, anche perché non aveva mai rilasciato l’autorizzazione necessaria per la sua posa.

Fondi anticriminalità. Ben altro fardello i successori di Casula si sono ritrovati con il Centro didattico ambientale, quello che doveva essere il segno permanente della grandeur della giunta a guida Pdl. L’occasione è nei fondi europei destinati alle regioni ricadenti nell’Obiettivo 1 relativi al periodo 2000-2006. In particolare, quello a cui fa riferimento il Comune di Oniferi è il Pon (programma operativo nazionale) Sicurezza per lo sviluppo del Mezzogiorno, che individua determinate zone dove è forte la criminalità, organizzata o meno, e finanzia interventi per contrastare il fenomeno all’origine, cioè con interventi a favore del sociale. Proprio il sindaco Casula nel 2006 ha subìto intimidazioni e alcuni attentati ai suoi beni materiali, secondo una prassi tristemente diffusa nella Sardegna centrale, e il progetto del Centro didattico ambientale entra agevolmente nell’elenco stilato dal ministero dell’Interno (allora retto da Giuseppe Pisanu, Pdl). Così il Comune di Oniferi riceve un finanziamento di 597mila euro, per metà di provenienza europea e per metà statale. Riguarda il secondo lotto di un’opera faraonica che la giunta ha già in testa, appunto un centro congressi con un grande nuraghe da usare come sala convegni e un dedalo di corridoi che danno su altre sale: biblioteca, bar, ristorante, spogliatoi.

Il petroglifo. Una volta completato, visto dall’alto (dai satelliti? Dagli extraterrestri?) l’edificio avrebbe dovuto ricordare la figura stilizzata di un uomo. E precisamente una delle più note incisioni che si trovano nelle domus de janas di Oniferi, tombe preistoriche di cui il territorio è ricchissimo: il petroglifo antropomorfo della necropoli di Sas Concas, forse la più antica raffigurazione dell’uomo in Sardegna. Ma la leggerezza del segno prenuragico qui diventa un mare di cemento: ultimata, l’opera avrebbe una superficie di 2200 metri quadri, divisa su tre piani (terra, primo e secondo, più il seminterrato). Solo la torre, il finto nuraghe, è alta più di 15 metri e ha un diametro superiore ai 10 metri. La lunghezza dell’edificio dovrebbe avvicinarsi ai 30 metri, per oltre 20 di larghezza. Il condizionale è d’obbligo perché allo stato attuale sono stati realizzati solo la testa, il tronco e gli arti superiori dell’omino, chiamiamolo così. Mancano infissi, pavimenti: ci si trova di fronte solo a blocchetti a vista, se si esclude la torre, ricoperta da mattonelle colorate così da ricordare una cesta rovesciata (una corbula). L’idea di rivestire tutto in granito, pietra cara all’ex sindaco, è stata accantonata per il costo.

Procedure d’urgenza. Il fantasioso progettista di questa opera pubblica si chiama Flavio Urrai, ingegnere di Oniferi che lavora a Torino. Esperto, è scritto nel suo sito, di “acustica ambientale”, ha ricevuto solo per il secondo lotto una parcella di 69mila euro. Poi c’è quella per l’intera progettazione e l’avvio del primo lotto. L’incarico è avvenuto in modo diretto data “l’urgenza” – non risulta sia stato bandito un concorso di idee – come è scritto nel provvedimento stilato dal geometra responsabile dell’ufficio tecnico Graziano Monni (nominato nel 2003 da Casula, oggi presta i suoi servizi all’Asl 3 di Nuoro: l’attuale giunta Piras ha accolto con soddisfazione la sua richiesta di mobilità).

Ricapitolando: i fondi del ministero (600mila euro) servivano per il secondo lotto, ma contestualmente la giunta Casula trova un modo singolare per finanziare il primo, cioè il nuraghe. Lo fa attingendo 400mila euro dai fondi della legge regionale 37 sull’occupazione, relativi a ben tre annualità, spazzando così opportunità preziose per il paese. E il terzo lotto? Posto che non è stato completato neppure il secondo (e l’impresa costruttrice nel frattempo è fallita), l’attuale giunta ne ha stimato i costi: servono altri due milioni e 800mila euro. Il dramma è che gli ideatori non hanno lasciato indicazioni su come reperirli.

Sono in molti a Oniferi a pensare che i responsabili di questo fallimento abbiano nomi e cognomi. All’inizio dell’anno la giunta guidata da Mario Piras (in carica sino a giugno) ha affidato a un avvocato il recupero delle somme relative alla sentenza della Corte dei Conti sul sughero. Pare che l’interessato sia diventato nullatenente.

Ma posto che sia completato, a cosa servirà il Centro? I campioni di cui sopra hanno dimenticato di portarvi energia elettrica, acqua e persino le fogne. Gestirlo sarà costoso e forse inutile. Che farne? Venderlo non si può: l’opera, chiamiamola così per brevità, manca del nullaosta paesaggistico ai sensi della legge Galasso (sorge su aree gravate da usi civici) e del parere della soprintendenza ai Beni culturali. Insomma, è quasi abusiva. Abbatterla? Servirebbero 200mila euro, ma il Comune non li ha. Forse il destino dell’ecomostro di S’Iffurcau, per dirla con il noto detto latino, era già nel nome: in sardo significa l’impiccato.

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