La Nuova Sardegna

FinSardegna, la verità della Banca d’Italia

di Umberto Aime

Il giudizio finale dell’ispezione è «prevalentemente sfavorevole». Oggi l’assemblea dei soci con il Cda dimissionario

24 novembre 2012
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CAGLIARI. FinSardegna scrive, la Cna – socio di riferimento del Consorzio fidi degli artigiani – non parla, mentre solo oggi durante l’assemblea dei soci (ore 10.30, Hotel Setar, sul Lungomare di Quartu) diventeranno pubblici i «rilievi e le considerazioni» – testuale – della Banca d’Italia all’indomani dell’ispezione cominciata il 16 aprile e conclusa 75 giorni dopo. Sempre oggi, gli oltre tremila soci prenderanno atto delle dimissioni del consiglio d’amministrazione. Ma va detto che proprio il ricambio del presidente, del direttore generale e del collegio dei sindaci è stato sollecitato molto prima dalla Banca d’Italia.

Di seguito gli stralci più significativi della relazione finale degli ispettori nella sede regionale di FinSardegna, in viale Elmas, a Cagliari.

I rilievi. «Il giudizio complessivo e finale degli accertamenti è in prevalenza sfavorevole, in relazione all’insoddisfacente governo da parte del Consorzio dei principali rischi». Poi subito dopo, ecco il dettaglio del perché il giudizio è stato sfavorevole. Per «i processi poco affidabili e i controlli interni inadeguati», che, insieme alla gestione dei rischi, «anch’essa inadeguata», hanno concorso «al degrado del portafoglio crediti e alla compressione della capacità di reddito del Consorzio, che evidenzia risultati negativi malgrado i contributi in conto esercizio periodicamente forniti dalla Regione Sardegna». Ancora più nel particolare, la relazione continua con questi altri rilievi: «FinSardegna ha anteposto gli obiettivi di accentuata crescita alla ricerca dell’efficienza allocativa (significa: la ripartizione delle risorse) e operativa necessaria per corrispondere a quella che deve essere la missione di un Consorzio Fidi, lo sviluppo del tessuto economico regionale».

Le prove. «Gli impieghi sono triplicati tra il 2005 e il 2010, sostenuti anche da operazioni con clientela corporate (significa: aziende di grandi dimensioni) diversa da quella tradizionalmente assistita dai Consorzi fidi – che ha raggiunto il 16 per cento dell’intera operatività». Con – si legge ancora – «l’attività istruttoria, seppure adeguatamente regolamentata», che «è risultata non sempre rigorosa» e con «criteri di gestione eccessivamente tolleranti». Dall’ispezione a campione della Banca d’Italia sul portafoglio crediti è «emersa un’incidenza del 24 per cento delle partite deteriorate, a loro volta rappresentate per il 17 per cento da sofferenze(significa: palese difficoltà nel recupero del credito)». Con le percentuali negative che crescono di molto se «l’analisi è effettuata sui primi venti gruppi (del portafoglio crediti), con il 44 per cento di partite anomale e il 27 per cento di sofferenze».

Altre prove. «Il Consiglio di amministrazione (in quegli anni) è apparso non pienamente consapevole dei rischi, anche a causa della mancanza di una consolidata attività di report interno (sia a livello generale che sui singoli clienti). Con la conseguenza di una sottostima degli accantonamenti necessari a fronteggiare la rischiosità degli impieghi». E infatti quando i rilievi sono stati recepiti da FinSardegna – prosegue Banca d’Italia - «nel 2011 l’esercizio si è concluso con una perdita di 4,5 milioni».

Ancora prove. L’ispezione ha accertato anche l’eccessivo costo della struttura, mentre «la rete commerciale e gli assetti interni sono risultati inadeguati», e «insoddisfacente l’assetto organizzativo». E ancora: «nel sistema informatico-contabile sono state riscontrate ampie aree di intervento manuale», e «il complessivo sistema dei controlli interni è risultato inadeguato a individuare le principali problematiche aziendali».

Prescrizioni finali. «Per la permanenza del Consorzio FinSardegna sul mercato – scrive Banca d’Italia – è in differibile l’adozione di misure incisive e tempestive, volte alla rimozione di tutte le anomalie riscontrate e al conseguimento di un equilibrio tecnico e gestionale». Ecco quali devono essere le misure incisive e tempestive: «rivedere l’assetto di governo societario, con un ricambio delle figure di vertice del consiglio di amministrazione e della direzione generale, nonchè del Collegio sindacale». Entro tre mesi dalla presente, FinSardegna dovrà presentare «un articolato piano di interventi incentrati sulla riqualificazione dell’attività, sul contenimento dei costi e sul ridimensionamento della rete territoriale» e che preveda «la ridefinizione della clientela, il rafforzamento dell’assetto organizzativo, dei controlli interni e delle procedure istruttorie». Per arrivare «al rientro delle maggiori posizioni di rischio (insolvenza e sofferenza) tuttora presenti».

Letto tutto, una domanda: FinSardegna è stata o meno messa a soqquadro dagli ispettori della Banca d’Italia? Sì, in 75 giorni.

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