La Nuova Sardegna

I mafiosi in cella, le polemiche fuori

di Giampiero Cocco
I mafiosi in cella, le polemiche fuori

Nuchis, una struttura moderna ma con personale carente

17 ottobre 2012
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TEMPIO. Il vento delle polemiche sollevato dall’arrivo, nel carcere di Nuchis, dei primi esponenti della malavita organizzata non valica le spesse e alte mura di cinta del penitenziario gallurese. All’interno del modernissimo carcere, infatti, la vita prosegue come sempre, uguale come in tutte le altre strutture carcerarie d’Italia. La sveglia (una campanella) al mattino suona alle sette in punto, cadenzando con ritmi da caserma l’intera giornata. Colazione, ora d’aria, pranzo, ora d’aria, ricreazione e poi cella. Una vita da internato condivisa con gli agenti della polizia penitenziaria, che devono vigilare su ogni singolo detenuto loro affidato. Le dotazioni tecnologiche del penitenziario hanno solo in parte modificato questo antico e immutabile tran tran quotidiano. Le novecento e passa telecamere, che riprendono ogni angolo della struttura penitenziaria di Nuchis (che si estende su una superficie di oltre quattro ettari) sono costantemente puntate su ogni punto del carcere, eccezion fatta per l’interno delle celle, unica oasi di privacy concessa ai detenuti. Il campo di calcio, quelli da tennis, la palestra, la sala cinema, la chiesa cattolica sono ancora chiusi, vuoi per mancanza di educatori e agenti, vuoi perché il ministero non ha ancora mandato le necessarie attrezzature. Da alcuni giorni è stata aperta la scuola media, una classe frequentata da una quindicina di detenuti che seguono le lezioni degli insegnanti che arrivano da un istituto tempiese. A fine d’anno dovranno dare gli esami di Stato, come qualunque altro studente italiano. Di lavori per il reinserimento sociale – oltre quelli di scopino e addetti alla cucina –, non se ne parla, in attesa delle convenzioni con le amministrazioni locali. Il carcere di Nuchis, la prima delle quattro mega strutture penitenziarie sarde aperte alla popolazione carceraria, ha fatto alzare il livello di guardia per la presenza di mafiosi, ’ndranghetisti e camorristi. Per garantire la sicurezza, un ex direttore stabilì che fossero necessari 180 agenti, ma a regime – dicono i sindacati –, ce ne saranno al massimo 120. Questo perché, e non soltanto in Sardegna, il Dap (dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) non ha mai predisposto piante organiche per nessuno dei sette istituti di pena (due dei quali all’aperto, Mamone e Is Arenas) ancora funzionanti nell’isola. In ogni carcere le carenze d’organico sono croniche, e dire che buona parte degli agenti della polizia penitenziaria vengono arruolati nell’isola. «Le carenze – sostiene un rappresentante sindacale – sono nell’ordine del 40 per cento di personale in ogni carcere, ma nonostante questo il dipartimento ha inviato, di recente una nota con la quale si chiedevano applicazioni volontarie per sopperire alle assenze di personale nelle strutture aperte di Is Arenas e Mamone. Ovviamente a costo zero, senza alcun rimborso per quanti accettavano il temporaneo trasferimento. Dei 1400 nuovi agenti, soltanto 180 sono stati destinati alla Sardegna, una percentuale bassissima con la quale non si riescono a coprire neppure i turni di guardia». Di detenuti sardi assoggettati al 41 bis non ne esistono. I trecentosessanta 41 bis sono personaggi condannati per reati di mafia, camorra o reati legati alla criminalità organizzata. «Pochi dei quali lasceranno le loro attuali assegnazioni», dice il sindacalista. Restano gli As2 (alta sicurezza due) tra i quali rientra il lulese Matteo Boe, condannato per sequestro di persona. Soggetti ad altissima pericolosità, sottoposti ad un regime di vigilanza stretto e con limitazioni nella sfera personale e sociale. Sono gli As3, (alta sorveglianza) coloro che dovrebbero invece occupare le celle che si stanno aprendo nell’isola: 150 a Tempio-Nuchis, 350 a Sassari-Bancali (con due sezioni As2 e un reparto As1), 180 posti a Massama (As2 e 3) e 650 posti a Uta (As1, 2 e 3). Dopo le polemiche e le prese di posizione, interviene anche l’ex sindaco di Tempio, Antonello Pintus, colui che volle la struttura di Nuchis. «Una scelta della quale non mi sono affatto pentito – ha detto l’ex sindaco –. Il vecchio carcere rischiava la chiusura e per tenerlo aperto abbiamo operato di concerto con l’amministrazione olbiese. La chiusura avrebbe messo a rischio la stessa permanenza del tribunale in Gallura. Ora il nuovo carcere è finalmente in funzione e ci si meraviglia perché nello stesso vengono trasferiti detenuti ergastolani o appartenenti alla criminalità organizzata. Ritengo, in questa bulimia di opinioni innescate da Mauro Pili e che personalmente penso siano puramente propagandistiche, che la dichiarazione più sensata sia quella espressa dall’onorevole Beppe Pisanu, che è poi la stessa che tutti noi abbiamo sostenuto con convinzione: la mafia e la camorra si insinuano dove vi è un ambiente economico-sociale favorevole e non certamente in territori come il nostro, dove l’economia è al collasso e gli abitanti sono moralmente e socialmente esenti da simili tentazioni».

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