La Nuova Sardegna

I sindaci: «Abbanoa, fiducia a tempo»

di Maria Antonietta Cossu
I sindaci: «Abbanoa, fiducia a tempo»

Ad Abbasanta serpeggia aria di rivolta ma la società replica: «L’Europa darà il via libera ai 184 milioni della Regione»

12 ottobre 2012
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di Maria Antonietta Cossu

ABBASANTA

È una fiducia a tempo quella concessa dai sindaci e dall’Anci Sardegna, l’associazione dei Comuni, ad Abbanoa e alla Regione al termine del confronto di ieri fra i rappresentanti delle autonomie locali e i vertici del gestore del servizio idrico, per fare il punto sulle strategie di risanamento, perché, si sa, la situazione finanziaria della società è disastrosa.

La partita. Si gioca tutta sulla ricapitalizzazione di Abbanoa attraverso i 184 milioni stanziati dalla Regione e su cui l’Unione europea deve dare ancora un parere vincolante atteso per la fine del mese: sarà favorevole, oppure Bruxelles dirà che «quei milioni sono un aiuto di Stato e quindi illegittimi»? L’incertezza su quale risposta arriverà è sempre forte, tanto che l’Ue ha sollecitato alla Regione un dossier integrativo, sarà consegnato la prossima settimana. Invece Abbanoa è ottimista. L’ha detto il suo direttore generale, Alessandro Murtas: «Mi riferisco per ora a un assenso informale – le sue parole – Per l’ufficialità ci vorrà più tempo, ma parlo comunque a ragion veduta».

Alle convinzioni del dirigente, che oggi parteciperà all’incontro in Regione per valutare le integrazioni richieste dall’Europa, hanno fatto da contraltare i dubbi sollevati dal sindaco di Cagliari, Massimo Zedda: «E se Bruxelles dovesse invece cassare lo stanziamento, cosa accadrebbe?», s’è chiesto, per poi aggiungere: «Di fronte a questa ipotesi – è stato il suggerimento di Zedda – potremmo chiedere subito d’investire in Abbanoa quell’80 per cento di risorse comunitarie che la Regione restituisce all’Europa perché non riesce a impegnare».

La resa dei conti. Fra i sindaci, che sono soci di Abbanoa, insieme alla Regione, e la stessa società il momento della verità potrebbe esserci molto presto: già da lunedì 22 ottobre, quando a Cagliari sarà convocata l’assemblea degli azionisti e per quel giorno potrebbe esserci anche il parere definitivo dell’Unione Europea sullo stanziamento. Ma in ogni caso, a Cagliari, i Comuni chiederanno conto delle tre condizioni fissate ieri durante l’assemblea di Abbasanta. La prima, Abbanoa deve varare in tempi stretti «un piano industriale credibile» in grado di risolvere gli storici problemi strutturali e ripianare gli attuali e evidenti squilibri finanziari. Seconda condizione, la Regione non può più sottrarsi agli impegni che ha assunto sulla ricapitalizzazione. Terza richiesta, dopo troppi rinvii la stessa Regione deve riconoscere ai Comuni il diritto di rappresentanza in seno all’Autorità d’ambito, invece commissariata da due anni e mezzo, e che è l’organo di controllo politico del gestore unico e tra l’altro decide anche le tariffe.

Rivolta istituzionale. «Senza un piano serio – ha incalzato il sindaco di Sassari, Gianfranco Ganau, che è anche presidente del Consiglio delle Autonomie locali – il destino di Abbanoa è segnato. I 184 milioni di stanziamento sono oggi indispensabili per «rendere finalmente efficiente una società con 500 milioni di debiti e alla quale ancora devono essere trasferiti 150 milioni per investimenti». E se l’Autorità d’ambito non dovesse essere ancora assegnata ai Comuni, oppure se non dovesse arrivare lo stanziamento, cosa accadrebbe? Comincerebbe il boicottaggio di Abbanoa da parte dei municipi. Lo ha minacciato più volte il sindaco di Bosa, Piero Casula: «Se le nostre tre richieste dovessero essere disattese – ha detto – dovremmo mandare Abbanoa a casa e questo potremmo farlo se al fianco dei piccoli Comuni ci saranno anche quelli più grandi, che hanno la maggioranza delle azioni». L’idea della rivolta (già dal 22 ottobre, a Cagliari?) è piaciuta subito a molti sindaci.

La verità di Abbanoa. L’amministratore unico della società, Carlo Marconi, ha detto: «Con soli 7 milioni di risorse ordinarie all’anno, gli investimenti sono fermi. Ed è ancora forte il divario tra disponibilità economiche e fabbisogno dell’azienda, che ogni 12 mesi spende dai 40 ai 45 milioni per le sole riparazioni». Dunque, se l’Europa dovesse bloccare i 184 milioni, sarebbero davvero l’inizio della fine.

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