La Nuova Sardegna

CONVEGNO A SASSARI

Crisi e peste suina, per ricreare sviluppo una ricetta dagli Usa

di Antonio Meloni

SASSARI. Per affrontare la crisi occorre individuare il giusto rapporto tra produttività e profitto, riducendo le perdite e abbattendo i costi. Parola di John Patience, università Iowa, Usa,...

08 settembre 2012
3 MINUTI DI LETTURA





SASSARI. Per affrontare la crisi occorre individuare il giusto rapporto tra produttività e profitto, riducendo le perdite e abbattendo i costi. Parola di John Patience, università Iowa, Usa, considerato uno dei massimi esperti di gestione degli allevamenti suini. La formula del docente americano, opportunamente adattata alla realtà locale, potrebbe contribuire a superare l’impasse del settore. Se n’è discusso a Sassari, nell’aula magna del dipartimento di Agraria, durante la giornata internazionale di studi dedicata alla suinocultura.

Allo stato attuale la soluzione confezionata da John Patience sembra la migliore per stare sul mercato senza traumi e per contare su una ripresa graduale quando lo spauracchio della crisi sarà passato. Per dirla con lo specialista Usa, dunque, gli allevatori, anche quelli sardi, dovrebbero ripensare la gestione delle aziende puntando al profitto e conservando le posizioni occupate su un mercato in continua evoluzione. C’è però da calcolare che il settore suinicolo, come altri, risente non soltanto della cattiva congiuntura, ma anche dell’aumento del costo delle materie prime che per i prossimi otto-dodici mesi contribuirà a complicare ulteriormente le cose.

Con gli opportuni correttivi, l’idea piace anche ad Alessandro Mamusa, titolare di una delle più grosse aziende suinicole sarde: «A patto che – ha detto a margine l’imprenditore di San Gavino – la qualità resti alta rispettando una logica di filiera che da sempre sostiene il settore».

In Sardegna la situazione di crisi è complicata dalla presenza della peste suina africana che, oltre al danno economico, riduce drasticamente le possibilità degli imprenditori di rivolgersi a un mercato più ampio. Una piaga drammaticamente aperta se si considera il fatto che il mese scorso, in Goceano, a causa di un nuovo focolaio, sono stati abbattuti 1.600 capi. «Al contrario di ciò che si crede – ha spiegato a margine Giuseppe Pulina, direttore del dipartimento di Agraria e moderatore dell’incontro – siamo davanti a un problema sociale e non infettivo, assimilabile a una serie di concause fra cui il pascolo brado, il trasporto non controllato e gli allevamenti abusivi». Malgrado ciò la Sardegna, con diverse migliaia di allevamenti, vanta la più alta concentrazione di aziende suinicole del Sud Italia, perciò la Regione, le Asl, l’Istituto zooprofilattico e l’Università tengono la guardia costantemente alta per tentare di debellare il morbo.

L’incontro di ieri, aperto dal rettore Attilio Mastino, ha visto alternarsi al microfono un team di esperti: dopo il docente americano, hanno esposto relazioni lo specialista Carlo Corino (Università di Milano), l’esperto Giuseppe Bee, responsabile del gruppo di ricerca svizzero Agroscope, e Maurizio Gallo, direttore dell’associazione nazionale allevatori suini. La giornata, inserita nel programma del dottorato e dei corsi di laurea in Scienze zootecniche, era dedicata alla compianta dottoressa Cristiana Patta, capo dipartimento di sanità animale nell’istituto zooprofilattico sassarese, nonché autorità indiscussa in fatto di patologie suine e sicurezza alimentare, scomparsa a febbraio.

In Primo Piano
L’industria delle vacanze

Tassa di soggiorno, per l’isola un tesoretto da 25 milioni di euro

Le nostre iniziative