La Nuova Sardegna

Morto a Psichiatria: assolti i medici

di Mauro Lissia
Morto a Psichiatria: assolti i medici

Cagliari, l’ambulante era stato sedato e legato al letto: il decesso dopo 7 giorni

18 luglio 2012
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CAGLIARI. L’ambulante quartese Giuseppe Casu è morto il 22 giugno 2006 nel reparto di psichiatria dell’ospedale Santissima Trinità dopo che i responsabili del servizio l’avevano tenuto sette giorni sedato con i farmaci e legato saldamente a un letto, ma la sua fine - avvenuta a sessant’anni di età, nessuna patologia precedente - non ha un responsabile e neppure una causa certa. Dichiarati il 25 giugno 2011 non colpevoli di omicidio colposo il primario Giampaolo Turri e l’aiuto Maria Rosaria Cantone, dopo un lunghissimo processo, ieri il gup Giampaolo Casula ha assolto gli stessi due dirigenti medici dall’accusa di sequestro di persona e altri cinque colleghi - Maria Rosa Murgia, Marco Murtas, Marisa Coni, Antonella Baita e Luciana Scamonatti - che si erano auto denunciati nel corso dell’esame in aula davanti al giudice Simone Nespoli - anche dall’imputazione di omicidio colposo. Per il gup Casula la decisione di legare l’ambulante dopo il trattamento sanitario obbligatorio e di somministrargli farmaci per controllarne le reazioni nervose non è stato altro che l’adempimento del proprio dovere in base ai protocolli sanitari, mentre per l’accusa di omicidio colposo la formula assolutoria è piena: il fatto non sussiste, come dire che non c’è stato alcun omicidio.

Del tutto diverse erano state le conclusioni del pm Giangiacomo Pilia, che a conclusione della requisitoria aveva sollecitato la condanna a un anno e quattro mesi per sei imputati e a un anno per la Scamonatti, accusata soltanto di sequestro di persona.

Alla lettura della sentenza alcuni dei medici finiti sotto processo sono scoppiati in lacrime, mentre non ha battuto ciglio Natasha Casu, la figlia della vittima, assistita dagli avvocati Mario Canessa e Dario Sarigu: «Noi andiamo avanti con il ricorso in appello». Prudente l’avvocato Canessa: «Leggeremo le motivazioni della sentenza e valuteremo se ricorrere al secondo grado».

Dietro questa vicenda controversa e complessa c’è anche un mistero rimasto irrisolto: mentre la Procura indagava per chiarire le regioni della morte di Casu era emersa la sparizione dei reperti anatomici dell’ambulante, scambiati con quelli di un altro paziente deceduto nell’ospedale di Is Mirrionis. Per questi fatti è stato processato e assolto il 16 luglio dell’anno scorso Antonio Maccioni, il primario di anatomia patologica, sospettato di aver aiutato il collega - con l’inchiesta giudiziaria ormai avviata - a nascondere le cause della morte di Casu: le accuse erano di soppressione di parti di cadavere, frode processuale, favoreggiamento e falso. Il solo a subire una condanna è stato il tecnico di laboratorio Stefano Esu: un anno e otto mesi per falso, colpevole di aver invertitito i tappi dei contenitori delle parti anatomiche. Ora su tutti e tra i processi pesa l’incognita del giudizio d’appello, dove la sequenza ininterrotta di perizie e di consulenze specialistiche sulla causa che ha condotto alla morte l’ambulante rivivranno alla luce di una nuova valutazione giudiziaria.

Gli imputati sono stati difesi dagli avvocati Luigi Porcella, Massimo Ledda, Massimiliano Ravenna, Carlo Pilia e Leonardo Filippi.

Giuseppe Casu finì al reparto di psichiatria su indicazione del sindaco di Quartu Sant’Elena per un fatto apparentemente banale: invitato dai vigili urbani a spostare la bancarella nell’area che il Comune aveva destinato al commercio ambulante, Casu aveva dato in escandescenze. Una reazione violenta, legata anche a multe e sanzioni subìte nei giorni precedenti. Ricoverato a Is Mirrionis, Casu aveva trascorso sette giorni legato a un letto e sotto l’effetto di pesanti sedativi, un trattamento che gli stessi ispettori dell’Asl 8 avevano definito fuori da ogni regola, ordinando di conseguenza la sospensione dall’incarico di primario per Giampaolo Turri ancora prima che il gup disponesse il giudizio. Alla morte di Casu, avvenuta per ragioni che il processo di primo grado non ha messo in relazione al trattamento subìto, la Procura aprì un’inchiesta che poi diede luogo a tre procedimenti. Nessuno è arrivato alla conclusione richiesta dall’accusa: assolti tutti, tranne il paramedico Esu, certo non il protagonista di una vicenda per la quale le polemiche e gli atti di solidarietà a favore della famiglia Casu non sono mai cessati.

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