La Nuova Sardegna

La Settimana santa, tra fede e tradizione

di Salvatore Tola

Da domani arriva nelle edicole con la “Nuova” il sesto volume della collana “Feste e sagre in Sardegna”

13 luglio 2012
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di Salvatore Tola

Dopo aver dedicato due volumi ai festeggiamenti del Carnevale, la collana «Feste e Sagre in Sardegna», ideata dall’editore Arkadia di Cagliari e pubblicata dalla «Nuova», ne propone ora due, il sesto e il settimo, concepiti per illustrare i riti della Settimana santa. Già nel sesto, che sarà in distribuzione da domani con il giornale (176 pagine, euro 7,90), i due autori, Michele Pio Ledda per i testi e Antonio Meloni per le foto, iniziano a muoversi tra i vari centri del’isola, e ne toccano dodici; nel settimo saranno quattordici.

Il punto di partenza è Castelsardo che, tra le celebrazioni più conosciute, vanta quelle che si svolgono per prime, proprio all’apertura della Settimana: e si chiamano infatti «Lunissanti», Lunedì santo. I preparativi iniziano in realtà sin dal sabato precedente, quando la statua del Cristo viene trasferita dalla Cattedrale alla chiesa di Santa Maria, punto di appoggio per i partecipanti e di partenza e arrivo per i loro spostamenti. Ma la giornata culminante è il lunedì, una giornata lunghissima che ha inizio la mattina molto presto quando, non appena celebrata la Messa, la processione si avvia verso la chiesa di Santa Maria di Tergu. Ne fanno parte, vestiti dell’«abbidu», la tunica bianca della confraternita, gli «Apostoli», che portano i Misteri della crocifissione (la croce, la scala, il martello...), e i «Cori» che con i loro canti danno voce ai riti. La «trasferta» si protrae sino all’imbrunire quando, ripresa la strada, fanno ritorno a Castelsardo; e qui, dopo l’inevitabile sosta a Santa Maria, ha inizio la processione più nota e suggestiva: si snoda infatti per le vie del centro storico, dove l’illuminazione viene spenta per dare risalto alle luci, «li fiaccoli», portate dai confratelli e dalle consorelle. Ancora una volta i Misteri sfilano alternati ai cori, che hanno maggior risalto nei passaggi ristretti tra la folla assiepata.

I riti di Castelsardo hanno già le caratteristiche che Ledda considera comuni alla maggior parte delle celebrazioni di questi giorni in Sardegna. La prima è l’influsso della religiosità spagnola, che si manifesta nei tratti devozionali: «La drammaticità, il senso eroico della fede, la partecipazione all’evento». La seconda è la presenza delle confraternite che, costituitesi un po’ ovunque a partire dal XV secolo, continuano ancora oggi a reclutare i laici perché affianchino i religiosi nell’organizzazione dei riti, ma anche in opere varie di carità, quelle che diciamo «di volontariato». E c’è infine la presenza costante di musiche e soprattutto di cori che, osservava il compianto studioso Pietro Sassu, hanno momenti «di più intensa partecipazione comunitaria negli atti paraliturgici della Sertimana santa, specialmente nelle processioni e nell’azione drammatica delle deposizioni».

Da Castelsardo ha inizio così il viaggio attraverso i centri piccoli e grandi della Sardegna. In ognuno si trova una caratteristica particolare, un rito originale: a Nulvi «sas chircas mudas», le ricerche silenziose del Cristo morto; ad Aggius i cori che partecipano per tradizion. e consolidata e rinomata; ad Alghero la presenza di una statua del Cristo veneratissima, anche perché giunta prodigiosamente dal mare; e così a Bosa, Oristano, Desulo, Iglesias, Nule e tanti altri paesi.

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